Mentre ad Ostia ci si interroga, impauriti, sulla piccola verdesca squaliforme, in Antartide è stato pescato, da un peschereccio neozelandese, un calamaro gigante della famiglia Architeuthidae. Di questi singolari animali si è un po' perso il rispetto, attribuito loro dai marinai dei secoli scorsi, che lo consideravano quasi una creatura mitologica, inventando su di esso storie di lotte con balene e grandi navi da far invidia alla fantasia di Jules Verne. Gli scienziati di Wellington (Nuova Zelanda) che l'hanno preso in carico, l'hanno ibernato per studiarlo meglio, e molta è stata la sorpresa quando si sono accorti che era un esemplare femmina che conteneva uova.

Si tratta di animali abbastanza rari da trovare, ma non sappiamo se lo siano effettivamente, in quanto vivono a grandi profondità. Hanno otto "braccia" normali più due tentacoli più lunghi che rappresentano la quasi totalità del corpo. La testa piccola, o mantello, ha un paio di alette o pinne che servono per la direzionabilità. Esistono due tipi di calamari enormi, il gigante ed il colossale.

Il primo può arrivare a 13 metri di lunghezza, le superfici interne delle braccia e dei tentacoli hanno centinaia di ventose quasi sferiche, tra i due ed i 5 centimetri, dotate di un peduncolo. Sul bordo le ventose hanno una specie di dentelli che provocano cicatrici circolari, come riscontrati sulla pelle di un capodoglio attaccato da uno di questi calamari.

Ha un becco simile a quello di un pappagallo. Il colossale, lungo una decina di metri, ha invece tentacoli con ventose circondate da piccoli uncini taglienti. Ricoperti da una membrana per evitare autoferimenti, sono più brevi del primo. Il corpo è più tozzo ed ha un becco con la parte inferiore più grande di quella superiore.

Gli occhi hanno un diametro di 30 centimetri, a differenza del gigante, disposti ai lati del corpo, così che consentono una visione molto ampia ma non binoculare. Le profondità del mare ogni giorno ci svelano segreti che cancellano vecchie leggende, togliendo, se ce ne fosse bisogno, quell'aura di mistero dei racconti marinari tramandati negli anni.