Un emendamento da 50 milioni alla legge di stabilità, presentato dal deputato di SEL Michele Piras, è stato approvato dalla commissione bilancio della Camera dei Deputati. L'emendamento riconosce la pensione di inabilità ai lavoratori sardi esposti all'amianto che hanno contratto malattie asbesto correlate.

Amianto causa accertata di mesotelioma pleurico

L'approvazione dell'emendamento riaccende i riflettori su quello che è un problema diffusissimo e di difficile risoluzione. In Italia, solo nel 1992, con la legge n. 257, l'amianto fu riconosciuto altamente tossico e messo al bando in quanto riconosciuto come principale causa di mesotelioma pleurico.

Il mesotelioma pleurico è una neoplasia correlata all'esposizione alle fibre aerodisperse dell'amianto (asbesto), e presenta una latenza temporale che va dai quindici fino ai quarantacinque anni, con un decorso tra 12 e 24 mesi.

Nel 1992, tutta la nazione era ormai infestata e da allora ogni anno paghiamo il conto con 4000 morti correlate. L'amianto è stato usato per tutto: coperture, cemento, isolamento, persino nelle tubature dell'acqua. Dopo i terremoti, i comuni colpiti rilevano ad esempio quantità elevate di amianto nell'acqua potabile, a causa delle vibrazioni che scalfiscono le tubature rivestite in amianto.

E ad aggravare la situazione c'è la rimozione fai da te del pericoloso materiale: oltre ad i rischi per gli operai che inalano la polvere mortale, lo smaltimento avviene spesso abusivamente nelle campagne con la contaminazione dei terreni e delle falde acquifere.

Il nord più colpito

La situazione peggiore si registra al Nord dove si trovano il 70% dei siti contaminati. Ma ovviamente i dati dipendono da come le regioni hanno effettuato il censimento. Censimenti incompleti, parziali, o peggio omessi non danno una lettura del reale problema che invece, è di proporzioni gigantesche. Per meglio comprendere la diffusione e l'omogeneità del problema basta guardare alla mappa dei 21.463 casi di mesotelioma in Italia registrati dal 1993 al 2012.

Le regioni che pagano il conto più salato sono Lombardia e Piemonte. Segue quasi tutto il nord con la sola esclusione di Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige. Scendendo lungo lo stivale vanno male anche il Lazio e la Sardegna. Al sud maglia nera alla Campania, poi Sicilia e Puglia.

Il problema insomma interessa tutta la nazione e le regioni hanno l'obbligo di partecipare attivamente alla bonifica dei siti contaminati e soprattutto di darsi un tempo entro cui concludere le bonifiche: il conto che il nostro paese sta pagando da oltre 20 anni è insopportabile.