Il referendum sulle fonti di energia in Svizzera ha visto la vittoria del Si relativamente all'uscita graduale dal programma nucleare del paese. In tutti i 26 cantoni tranne quattro i voti sono stati favorevoli, sancendo di fatto la volontà dello stato di adottare una politica energetica volta allo sviluppo di fonti rinnovabili. Una vittoria significativa per le fazioni ambientaliste, contrastata però dalla destra, soprattutto da parte del partito Udc (Unione democratica di centro). Il referendum è stato appoggiato da Governo e Parlamento per dare il via al futuro programma politico 'Strategia Energetica 2050'.

Innovazione rinnovabile

Attraverso il nuovo regolamento, l'amministrazione svizzera, infatti, ha intenzione di adottare una significativa trasformazione nella produzione di energia. Si vuole promuovere una politica volta all'efficienza energetica, attraverso una diminuzione sostanziale dei consumi, l'accrescimento dell'idroelettrico e l'investimento su fonti alternative come il sole e il vento. La legge approvata dalla maggioranza con il referendum comporta una sostanziale trasformazione delle fonti di energia in Svizzera , dove il nucleare oggi costituisce il 39% della produzione. Immediatamente dopo la strage di Fukushima, la politica elvetica ha adottato le prime misure e le prime volontà di abbandono dell'atomo.

Il programma 'Strategia Energetica 2050' è stato infatti promosso dal Governo, programma che comprende appunto come primo pacchetto l'abbandono graduale del nucleare. Le centrali presenti finiranno la produzione di energia una volta terminato il loro corso di utilità, e non sarà più possibile costruirne di altre in Svizzera.

Stop al nucleare

Il referendum ha visto una partecipazione del 42% degli aventi diritto e la quota più alta dei Sì è stata registrata nei cantoni di Vaud (73,5%) e Ginevra (72,6%). Contrario invece è stato il cantone di Argovia (51,8% di no) dove sono presenti molte centrali nucleari. Insoddisfazione per il referendum anche da parte di Udc, il quale afferma che con l'approvazione della legge l'approvvigionamento di energia è a rischio, e la nuova normativa potrebbe costare cara agli svizzeri.

Una "vittoria storica" sostiene invece Greenpeace, appoggiata dalla presidente della Confederazione e ministro dell'Ambiente Doris Leuthard, la quale afferma che con il voto "si apre una nuova pagina della storia energetica Svizzera".