Di solito si immagina una stella come una enorme sfera di gas che emette una quantità di calore spropositata, e invece non è sempre così. Da ormai più di 20 anni, gli scienziati col naso all'insù, cercano una spiegazione sull'oggetto più freddo conosciuto nell'universo.

La scoperta

Un gruppo di ricercatori formato da americani, cileni e svedesi ha studiato per tanto tempo l’origine della nebulosa Boomerang, giungendo alla conclusione che essa derivi dalla collisione tra due stelle: una gigante rossa (stelle morenti che si gonfiano e si raffreddano) e una stella vicina intrappolata nelle vicinanze dalla gigante rossa. Ma come è possibile, originato dalla fusione nucleare, sia così freddo?

Gli scienziati, tra i quali Raghvendra Sahai, astronomo del Laboratorio JP della NASA e la sua squadra, hanno concluso che nel morire, la stella immersa nella gigante rossa espelle la sua parte più esterna viaggiando nello spazio a velocità 10 volte superiori rispetto a quella raggiunta da una stella morente isolata. Così la nube di detriti, fatta di gas e polveri, diventa un flusso ultra-freddo che si estende per trilioni di chilometri (circa 21 000 volte la distanza tra la terra e il sole).

Un po’ di storia …

La loro prima scoperta risale al 1764 con la nebulosa M27. Fu Charles Messier, astronomo francese, il suo scopritore, che trascorse la sua vita a creare un catalogo delle comete e delle nebulose planetarie utili agli appassionati osservatori del cielo.

Il termine “nebulosa planetaria” venne ideato da William Herschel, fisico, astronomo e compositore di origine tedesca. L’origine del nome è da attribuire al loro aspetto tondeggiante simile a quello dei pianeti del Sistema Solare.

L’origine

La fine della vita delle stelle di piccola massa genera nel loro intorno una massa detta nebulosa planetaria.

Negli istanti immediatamente precedenti alla formazione della nebulosa planetaria, le stelle allontanano gran parte del materiale presente negli strati più esterni generando una nube di gas e polveri che gravitano intorno alla stella.

L’importanza dello studio delle nebulose planetarie

Le nebulose planetarie sono dei veri e propri laboratori che consentono di trarre informazioni sia da un punto di vista chimico che fisico.

Studiare le nebulose fornisce infatti, un ottimo strumento per indagare il comportamento del plasma (materia ionizzata) quando sottoposto a campi magnetici. Inoltre permette di studiare, da un punto di vista chimico, la materia espulsa dalla stella negli ultimi istanti della sua vita. All’interno della stella, la materia ha subito per miliardi di anni reazioni di fusione nucleare e una volta dispersa nello spazio sarà materia costituente di nuove stelle e pianeti.