L’Italia ha sete: da Nord a Sud. Ed il peggio è che questa siccità (per la quale alcune regioni italiane hanno chiesto lo stato di calamità naturale) è stata una catastrofe annunciata, i cui sintomi erano percepibili da mesi se non un biennio.

L’Italia è a secco per due terzi del suo territorio, con picchi sahariani a Roma e nell’Agropontino. Una delle cause di questa crisi è identificabile con uno dei mali storici e ridondanti del nostro paese: la scarsa capacità di gestione delle risorse – idriche in questo caso – unite ad una tremenda fatiscenza delle infrastrutture.

La rete idrica nostrana infatti è stata sempre un colabrodo. L’Istat ci informa con dati riguardanti una spaventosa dispersione idrica pari al 40% del totale della fornitura di Acqua (139 litri a persona).

Osservatore narrante di questa criticità è la Coldiretti, che riporta quasi 2 miliardi di danni a coltivazioni ed allevamenti. Dieci le regioni sul punto di chiedere o che hanno già chiesto lo stato di calamità naturale al Ministero Delle Politiche Agricole, presieduto dal ministro Maurizio Martina. La misura di emergenza consisterebbe, per le aziende agricole, nella sospensione delle rate dei mutui, nel blocco dei pagamenti dei contribuiti e nell'accesso al Fondo per il ristoro danni, prevedendo inoltre, a causa delle 'eccezionali avversità atmosferiche', 'l’attivazione del fondo di solidarietà nazionale, l’aumento degli anticipi dei fondi europei Pac, 700 milioni per il piano di rafforzamento delle infrastrutture irrigue'.

Se i disastri ambientali non si possono prevedere, prevedibili sono attribuzioni di colpe altrui e relativi fenomeni scarica-barile. Nel caso del Lazio tra Regione, Comune e Acea, la partecipata incaricata della gestione del lago di Bracciano, il 'serbatoio' d’acqua della regione ed in particolare della città capitolina. Lapidario il governatore Nicola Zingaretti: 'Purtroppo è una tragedia, sta finendo l’acqua a Roma'.

Già da alcuni giorni era stato disposto lo stop ai prelievi dal lago, già abbondantemente al di sotto dei 150 cm, soglia al di sotto della quale il livello delle acque non dovrebbe scendere per non rischiare di autodepurarsi. Queste le stime fornite da uno studio di David Rossi dell’Irsa-Cnr, che afferma inoltre che il lago ha perso circa due chilometri quadrati di superficie.

Numerose associazioni di cittadini ed alcuni politici di ogni schieramento avevano denunciato la mala gestione del bacino artificiale e del suo affluente Arrone da parte di Acea e Ato2, dal deputato di Anguillara Emiliano Minnucci (Partito Democratico) al comitato Bracciano Smart Hub.

Ma le misure straordinarie per la Capitale non finiscono qui: presumibilmente dalla data del 28 Luglio Acea dovrebbe far iniziare dei turni di sospesa erogazione dell’acqua di otto ore ciascuno per tutta la metropoli. La turnazione riguarderebbe momenti diversi della giornata per ogni quartiere o municipio, garantendo però la copertura ad ospedali, vigili del fuoco ed altri servizi ritenuti essenziali, anche se tale soluzione estrema potrebbe risultare addirittura inutile in caso di precipitazioni assenti nelle prossime settimane.

Il resto della Penisola non è messo un granché meglio: il Lago di Garda è appena al 34,4% di volume, persino il fiume Po accusa questa siccità senza precedenti. Al Ponte della Becca a Pavia è a circa 3,5 metri sotto lo zero idrometrico. Questo rende difficile agli agricoltori l’irrigazione mentre in Lombardia, sempre a causa dell’aridità, si ha un calo del 20% di erba per il bestiame.

In Piemonte la produzione di cereali è compromessa e le coltivazioni di uva e nocciole sono scese al di sotto del 30%, in Liguria cala la resa degli oliveti e del famigerato basilico genovese, oltre a a condividere col Mezzogiorno la grana degli incendi. In Trentino Alto Adige la produzione di fieno ha subito un calo del 30% ed alcune aziende fruttifere, dopo gli ingenti danni della gelata di quest’inverno, hanno subito perdite anche del 100%.

Il Friuli Venezia Giulia ha dichiarato lo stato di 'sofferenza idrica'. In Emilia Romagna risultano danneggiati pomodori da industria, frutta e cereali, mentre la regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza avendo subito danni per oltre 200 milioni di euro.

Danni da 60 milioni di euro in Umbria, qui sono le coltivazioni di grano ed orzo ad accusare maggiormente; nel Lazio invece danneggiate le coltivazioni di mais, orzo e melone, con danni intorno a 100 milioni di euro. La vicina Campania riporta danni da 200 milioni di euro ed ha dichiarato lo stato di calamità naturale, la stessa cifra in danni si registra in Abruzzo, regione col 13% del PIL agricolo.

In Molise le dighe sono al minimo storico ed alcuni comuni hanno messo in atto politiche anti-spreco.

In Puglia danni a pomodori da industria e ortaggi per 140 milioni di euro; anche la Calabria ha richiesto lo stato di calamità con ben 310 milioni di euro di danni.

In Sicilia danni elevati alla terza a causa di una rete idrica già da tempo ai limiti dell’abbandono. In Sardegna a causa della siccità e degli incendi quattromila aziende son rimaste a secco, richiesto anche qui lo stato di calamità visti i 1320 milioni di euro di danni.