Sempre più difficile la situazione degli incendi nel sud Italia. Le migliaia di ettari di bosco andate in fumo a causa degli incendi che si sono verificati nell’ultimo mese, hanno causato un danno economico per il paese pari a cifre con nove zeri! Secondo Legambiente, in Italia, sono oltre 26.000 gli ettari di superficie boschiva andati in fumo da metà giugno ad oggi. Basti pensare che la regione più colpita, la Sicilia, ha visto andare in fumo una superficie pari a oltre 13.000 ettari di bosco. A seguire, in questa classifica poco invidiabile c‘è la Calabria con oltre 5.800 ettari di bosco distrutti; oltre alla Campania, al Lazio, alla Puglia e alla Sardegna.

Sono dati allarmanti e preoccupanti, se a tutto ciò aggiungiamo che gran parte del paese è sotto la morsa della siccità, si può senza dubbio affermare che stiamo vivendo un momento tanto critico, quanto difficile. Eppure, per quanto riguarda l’emergenza incendi, dovremmo essere superprotetti, se consideriamo che, a titolo di esempio, la Sicilia, con i suoi 25.710 metri quadrati di superficie ha alle sue dipendenze 23.000 operai forestali. Un numero che se applicato alla sola superficie boschiva raggiunge una media di sei addetti ogni km quadrato.

Senza voler entrare nel merito dei costi che comporta gestire un esercito di persone di tali proporzioni, i costi in termini di danni economici dovuti alla distruzione del patrimonio boschivo a quanto ammontano?

E quando potremo rivedere quei boschi fiorenti e verdi?

Ma mentre al sud si lotta con il fuoco, a Roma e nel nord Italia si lotta con la siccità. L’emergenza idrica del nostro paese non è una questione limitata alle ultime settimane. Sono anni che se ne parla, e sono anni che si continua a ripetere che la nostra rete idrica perde, tra rotture e dispersioni, circa il 40% del prezioso liquido che trasporta.

Ovviamente non sono solo le perdite sulle tubature a generare questa carenza di Acqua. Anche l’assenza di pioggia contribuisce ad aggravare la situazione.

Ogni giorno, telegiornali sempre più allarmistici ci rimandano immagini e notizie di fiumi e laghi in secca, riportandoci decisioni politiche adottate per affrontare questa ennesima tragedia.

Ci parlano di razionamento nella distribuzione, piuttosto che di stop di prelievi alle fonti degli acquedotti. Decisioni sacrosante e opportune, ma se per una volta i signori politici ammettessero anche le loro colpe, dichiarando apertamente che hanno continuato a rifornire di soldi le aziende partecipate che gestiscono gli acquedotti, mentre queste ultime non hanno fatto mai nulla per fermare gli sprechi che avvengono lungo le condutture?

Se a Roma, politici e manager, prendessero esempio da quegli ingegneri del passato che in tempi antichi hanno distribuito acqua a tutta la nazione, senza dispersioni e perdite lungo il tragitto dalla sorgente alla distribuzione? È comprensibile che imitare gli ingegneri dell’impero romano non è facile, ma le testimonianze del loro ingegno sono ancora visibili, perché non copiano quelle infrastrutture? Forse non tutti i mali della rete idrica sarebbero risolti, ma sicuramente buona parte di essi!