Lo scrittore britannico Daniel Defoe, il ‘papà’ di Robinson Crusoe, sosteneva che ‘La paura del pericolo è diecimila volte più agghiacciante del pericolo stesso: il peso dell'ansia ci pare più greve del male temuto’.

Una frase estremamente attuale soprattutto se contestualizzata alla condivisione delle informazioni in rete, spesso ingigantite dalla cassa di risonanza dei social network: basta prendere una foto che mostra qualcosa di poco conosciuto, decontestualizzarla, condire con un po’ di complottismo e aggiungere allarmismo quanto basta. Il risultato finale sarà una notizia improvvisata e dalla scarsa attendibilità che, tuttavia, sfrutterà il passaparola per ramificarsi.

Così è sempre stato, così è e, purtroppo, così sarà.

Come già capitato altre volte, solo con la corretta informazione si può trasformare del sottile terrorismo psicologico in qualcosa di didatticamente affascinante e coinvolgente.

Ed è così che si può provare a fare con la foto, vitalissima da alcuni giorni, di alcuni pesci al cui interno sono state trovate delle misteriose ‘palline bianche’. Una foto oggettivamente inquietante, per alcuni ributtante, unita a una didascalia dai contorni preoccupanti:

‘Questi grappoli sono all'interno del ventre di alcune sardine. Non sono le uova della sardina ma una malattia parassitaria trasmessa a seguito dell'Inquinamento dell'acqua di mare, si prega di prestare attenzione a lei e non mangiarlo come uova di pesce commestibili State attenti.......

condividete prego’.

Ma l’inquinamento del mare c’entra ben poco: si tratta di naturalissimi funghi parassiti!

Per essere precisi, ogni sferula biancastra è uno xenoma (o ‘complesso xenoparassitico’), cioè una particolare morfologia di crescita indotta dal parassitismo di alcuni microsporidi appartenenti alla specie Glugea sardinellensis, cioè funghi patogeni molto spesso specie-specifici, quindi associati ad una singola specie ospite.

Questi agglomerati di spore morfologicamente ricordano delle uova, sia per la forma, essendo rotondeggianti e irregolari, che per il colore e raggiungono dimensioni considerevoli (da 1 a 16 mm, sebbene ogni spora, dall’aspetto piriforme, è lunga pochissimi micron).

I poveri pesci parassitati (in questo caso rinvenuti lungo le coste della Tunisia), appartenenti alla specie Sardinella aurita, molto spesso muoiono in seguito a questo fenomeno, mortalità peraltro molto più elevata nei giovanili.

Insomma, è vero che sono parassiti spesso mortali, ma non per l’uomo, solo per i loro ospiti, tanto che dopo essere stati opportunamente puliti e cucinati, i pesci possono essere tranquillamente mangiati… solo se si riesce a superare l’oggettivo senso che questi ‘grappoli’ possono causare in noi!

Sebbene la qualità dell’acqua possa relativamente influire sulla proliferazione di questa specie di funghi, bisogna specificare che il fattore che maggiormente contribuisce al loro sviluppo è la temperatura, essendo marcata la stagionalità con cui l’infezione si manifesta.

Quindi l’allarmismo riguardante il possibile inquinamento da metalli pesanti (e le altre ‘teorie accessorie’ generate da questo ritrovamento) è del tutto infondato, si tratta di un fenomeno assolutamente naturale, ma poco conosciuto.

La specie G. sardinellensis, infatti, è stata descritta solamente nel 2016 nello studio ‘New Microsporidia, Glugea sardinellensis n. sp. (Microsporea, Glugeida) Found in Sardinella aurita Valenciennes, 1847, Collected off Tunisian coasts’ pubblicato sulla rivista internazionale Acta Protozoologica.

La conoscenza serve anche (anzi, soprattutto) a ridurre l’impatto di paure spesso generate ad hoc per ottenere visibilità e condivisioni, sfruttiamola per contrastare l’allarmismo!