Il timore dei tifosi juventini era fondato, e la storia si è ripetuta in modo ineluttabile. La sconfitta maturata ad Istanbul contro il Galatasaray assomiglia terribilmente ad una delle pagine sportive più tristi della squadra bianconera degli ultimi anni, ovvero il tricolore ''quasi vinto'' della stagione 1999-2000, perso all'ultima giornata di campionato a Perugia sotto un diluvio di entità simile alla nevicata che si è abbattuta sulla capitale turca sia nella serata di martedì che nel pomeriggio di mercoledì.

Per capire meglio l'analogia occorre però fare un salto indietro nel tempo, fino a tornare al 14 maggio 2000.

Il campionato è arrivato all'ultimo turno, e lo scudetto è conteso tra la Juventus di Ancelotti e la Lazio di Eriksson; la Lazio, che nel corso della stagione si è trovata ad avere anche nove punti di ritardo dai bianconeri, è distanziata di sole due lunghezze dai piemontesi. I capitolini affrontano in casa la Reggina, che non ha più nulla da chiedere al torneo, mentre i torinesi sono di scena a Perugia, al cospetto della squadra di casa che non ha più ambizioni di classifica; comunque, per trionfare la Juve deve solo vincere o fare meglio della Lazio, poichè in caso di arrivo a pari punti l'assegnazione del tricolore sarebbe decisa da uno spareggio.

Cominciano i due match, e gli uomini di Eriksson archiviano la pratica già nel primo tempo con i rigori di Simone Inzaghi e di Veron, mentre nella ripresa la segnatura di Simeone è la ciliegina sulla torta.

Intanto, a Perugia, piove copiosamente, e l'arbitro Collina è costretto a sospendere temporaneamente le ostilità quando il punteggio è ancora sullo 0-0; dopo essersi a lungo consultato con Ancelotti e Carletto Mazzone, tecnico degli umbri, e nonostante il parere contrario della dirigenza bianconera, il direttore di gara decide di far riprendere l'incontro, anche perchè nel frattempo l'acqua riversatasi sul terreno di gioco dello stadio ''Renato Curi'' è stata completamente drenata.

Le proteste dei dirigenti juventini, giustificate inoltre dalla mancanza di contemporaneità con l'impegno della Lazio, non hanno dunque esito. Alle ore 17.11 si ricomincia a giocare su un campo che è ancora appesantito dall'umidità. I maggiori valori tecnici della Juventus, che annovera tra le sue fila gente del calibro di Zidane e Del Piero, non riescono ad incidere a causa delle condizioni atmosferiche proibitive e al 4' della ripresa, accade l'imponderabile.

Il capitano bianconero Antonio Conte (a volte il destino è proprio crudele) respinge difettosamente un cross degli avversari; la palla viene raccolta dal capitano perugino, Alessandro Calori (attuale allenatore del Novara), che trafigge Van Der Sar con una conclusione angolata. Sarà l'unico gol della partita, e la Juve perderà lo scudetto nella maniera più rocambolesca possibile.

Le assonanze tra quell'episodio e la sconfitta di Istanbul sono significative: anche alla ''TurkTelekom Arena'' non si doveva giocare, come hanno effettivamente riconosciuto Conte e Mancini nel dopo-gara. Tuttavia, ciò non può costituire un alibi per la Juventus, che ha la colpa di non aver chiuso prima il discorso qualificazione e di essersi complicata la vita con formazioni non stellari come il Copenaghen e lo stesso Galatasaray; e poi, se ieri Drogba non ha sbagliato una sponda, mentre Llorente è stato impreciso per tutta la gara, e se il grande ex Felipe Melo ha giganteggiato su uno spento Vidal a centrocampo, non è certo stata colpa solo della pioggia.