Non c'è stato il tempo per smaltire la brutta storia tra il tecnico dell'Inter Mancini e l'allenatore del Napoli Sarri che già non si fa che parlare dell'insulto che la bandiera della Roma De Rossi avrebbe rivolto all'attaccante della Juventus Mandzukic nella sfida vinta dai bianconeri domenicasera. Se 'Le Iene' hanno permesso ai due tecnici di fare pace e chiarirsi, un po' più difficile potrà essere il chiarimento tra i due giocatori di Juve e Roma, soprattutto considerando che il tecnico dei giallorossi Spalletti ha biasimato il suo giocatore non per le parole dette ma per il fatto di averle proferite senza coprirsi la bocca.

Della serie 'insulta quanto ti pare basta che non ti vedano', anche se orecchio sente, occhio non vede quindi cuore non duole, il senso è quello.

La norma è del 2010

In molti ricorderanno certamente la testata che Zinedine Zidane diede a Materazzi durante la finale del campionato mondiale di Germania del 2006, e non sono pochi quelli che si sono chiesto a quali provocazioni verbali del difensore azzurro abbia ceduto il fantasista francese. Ma in quel caso fu cosa loro, ciò che disse Materazzi lo sentì solo Zidane, e il resto è storia.Un po' vaga la regolamentazione italiana in questi casi, restringendo il campo di azione più alle bestemmie che agli insulti personali, considerati più una questione della discrezionalità dell'arbitro.

È del 2010 la norma che tenta di arginare il fenomeno ma non sempre con risultati positivi. La regola parla di squalifica quando il direttore di gara sente in prima persona la blasfemia ma può essere chiamata in causa anche la prova televisiva, alla stessa stregua di un brutto fallo.

Le prime squalifiche

Buffon fu il primo che la fece franca, proprio in quell'anno, ma fu graziato solo perchè la legge sarebbe entrata in vigore di lì a poche settimane.

Più difficili da digerire gli exploit di Ibrahimovic all'epoca del Milan nel 2011, in un match contro il Cagliari, e quello di Maicon, nelle file dell'Inter quando si lasciò andare a evidenti imprecazioni in una partita ampiamente vinta contro il Parma. La norma fu invece applicata per la prima volta nel caso del tecnico del Chievo Di Carlo e del giocatore del Parma Lanzafame, il giorno dopo l'entrata in vigore.

E poi l'allora allenatore del Bologna Ballardini nel 2014, Siligardi del Livorno nel 2013, e ancora Menez, attaccante del Milan che nel 2015, subì addirittura quattro turni di squalifica per ingiurie e bestemmie.

I limiti della norma

Più complicato il discorso per gli insulti poiché soggetti a una grande discrezionalità da parte della giacchetta nera. Se è vero che dietro eventi di questo genere si nasconde nella maggior parte dei casi una grande carica agonistica e tanta adrenalina è anche vero che è compito dell'arbitro mostrare un polso deciso e fermo ma con la sensibilità di intuire il tipo di tensione che ha di fronte nei giocatori in campo. Le ingiurie rivolte direttamente al direttore di gara sono spesso immediatamente sanzionate con il cartellino rosso ma gli insulti tra giocatori o tra le panchine rimangono spesso all'interno delle mura dello stadio soprattutto grazie (o per colpa) dello stratagemma della mano di fronte alla bocca (proprio ciò di cui parla Spalletti per 'giustificare' De Rossi) che risolve il problema al livello pratico ma non certamente a livello etico.

Nell'epoca della globalizzazione in cui tutti vedono tutto, certo la cosa migliore sarebbe fare sempre riferimento all'intramontabile metodo del 'conta fino a dieci prima di parlare' soprattutto in una società in cui i giocatori di calcio sono diventati degli idoli da seguire per i bambini, che guardano, assimilano, emulano.