Le ragioni per le quali un tifoso del Torino può criticare Urbano Cairo sono mille e una. Dalla discutibile gestione delle prime stagioni di presidenza alla vecchia abitudine di concludere le sessioni di mercato troppo in prossimità dell’ultimo giorno di trattative, con tutti i rischi del caso di incappare in topiche clamorose (Amauri), fino al tardivo impegno economico per la rinascita del Filadelfia, peraltro giudicato ancora insufficiente dalla Fondazione.

Lascia il Toro e pentiti

Volendo pure le mosse delle ultime due sessioni di mercato non hanno convinto: in estate si è puntato troppo sul talento di un anarchico come Adem Ljajic, mentre a gennaio non si è intervenuto come si sarebbe potuto e dovuto sul reparto difensivo.

Peccati importanti, che potrebbero trasformarsi in veniali qualora nella prossima stagione si concretizzasse il famoso assalto all’Europa in un biennio, manifesto della gestione Mihajlovic, sebbene la crescita dell’Inter e il più che probabile ritorno su buoni livelli del Milan rischino di complicare la missione. Detto questo, non si possono tacere gli eccellenti risultati ottenuti dal mercato in uscita. Ormai è una costante: i big, o aspiranti tali, che smettono la maglia granata per indossare quelle di top club italiani ed europei finiscono per essere respinti dal grande calcio. L’elenco potrebbe partire con Ciro Immobile, trasformato da uno scarto del Genoa nel capocannoniere della Serie A, volato all’estero, ma poi rientrato con la coda tra le gambe in Italia, e proseguire con Matteo Darmian, comparsa a Manchester.

L’eclissi di Bruno e Nikola

A far maggior “scalpore”, tuttavia, sono state le ultime due ex colonne a salutare il Toro. Il brasiliano e il serbo furono salutati più o meno polemicamente, con la certezza di aver fatto a meno di due future stelle del calcio europeo, ma oggi il piatto ride solo per Cairo, capace di spuntare 6 milioni solo in estate per prestiti onerosi mascherati da acquisti differiti, cui si uniranno i 36,5 milioni dei riscatti obbligatori da Roma e Napoli.

Obbligatori, sì, quindi né i giallorossi, né gli azzurri potranno scappare alla “trappola” preparata dalla dirigenza granata pur, potendo, volendolo certamente fare. Seppur per motivi diversi, e entrambi in squadre che hanno avuto più di un problema sul piano tattico e non solo, Bruno e Nikola hanno clamorosamente fallito la prima prova in una big: Peres, titolare fisso solo per la prolungata assenza di Florenzi, non sta convincendo sul piano tattico e non solo, nonostante Spalletti abbia provato a cucirgli addosso il ruolo svolto nel Toro di quinto di centrocampo, mentre l’adattamento di Maksimovic al calcio di Sarri è andato oltre il tempo immaginabile e ormai ogni partita dell’ex Stella Rossa viene guardata con preoccupazione dai tifosi azzurri.

Mercato Torino, bivi Ljajic e Belotti

Ma il dado è tratto e l’incasso granata sicuro, bonus compresi legati a presenze e piazzamenti Champions. Un incasso sul quale è stato costruito parte dello scorso mercato estivo e sul quale verrà costruito parte di quello prossimo nel progetto crescita da far proseguire, e allora in questo senso preoccupa il fatto che le galline dalle uova… granata rischino di essere finite. Nell’attuale rosa infatti si intravedono solo talenti come Baselli e Benassi, non vendibili a quelle cifre, mentre Hart come noto non porterà un euro e Barreca necessita di un altro anno di maturazione. Non sarà certo Valdifiori, in caso di cessione, a rappresentare un bottino in linea con i precedenti e neppure Ljajic, bocciato anche da un club medio dopo aver fallito all’Inter e in parte alla Roma.

Urge quindi scoprire nuovi talenti “apparenti” e possibilmente non bruciarli, sul campo e sul mercato, come successo con Jansson. Caso ovviamente a parte quello di Belotti: l’amatore che versi la clausola a tre cifre al momento non esiste e solo il suo materializzarsi permetterebbe di concludere la cessione senza rimpianti. Quasi come successo con Bruno e Nikola.