Sono parole forti quelle rilasciate dal nerazzurro, parole di quelle che lasciano spazio all'immaginazione e che soprattutto fanno pensare a quante cose strane succedano nel mondo del calcio. L'ex bandiera dell'Inter Sandro Mazzola racconta i trascorsi sportivi alla corte del "Mago Herrera", storico allenatore con cui il club meneghino ha vinto tutto ai tempi di Angelo Moratti (padre di Massimo), calcio del passato, al Corriere della Sera, rivelando qualcosa di incredibile.

Herrera il "mago" e la "pastiglietta" dell'Inter

Al Corriere della Sera, Sandro Mazzola, rilascia dichiarazioni di quelle che suscitano veramente tanto clamore.

Di seguito le dichiarazioni importanti rilasciate al quotidiano milanese: “Il mago Helenio Herrera ci drogava? Si, è vero. Ci veniva data una pastiglietta, che però noi sputavamo. Successivamente cominciò a scioglierla nel caffè per evitare che non la assumessimo. Io non ne sentivo bisogno alcuno, ma erano pratiche correnti nel calcio dell’epoca. Mio fratello Ferruccio aveva motivi di rivalsa nei confronti dell’Inter, ecco perché attaccò i nerazzurri. Prima che morisse, però, ci siamo riconciliati, ridendo della cosa. Il vero Doping del Mago, però, era psicologico“.

Poi la domanda su uno dei dirigenti più discussi del calcio moderlo, quel Luciano Moggi più volte condannato per le vicende relative a Calciopoli.

Ecco le dichiarazioni dell'ex calciatore nerazzurro: “Luciano Moggi? Assolutamente un genio. Interruppi i rapporti con Massimo Moratti quando mi resi conto che Moggi era diventato il suo consigliere: gli dava dritte interessate sui calciatori da prendere, gli faceva credere che sarebbe venuto all’Inter, poi come andarono le cose lo sappiamo tutti.

Gli eterni rivali del Milan e quel Nereo Rocco che ha fatto parte della storia dei rossoneri: “Nereo Rocco mi voleva al Milan e ne parlammo al suo ristorante preferito, l’Assassino. All’Inter però non mi presero sul serio, pensavano fosse uno scherzo e risposero con un ironico: <<E noi chiediamo Rivera>>. Rocco mi stimava davvero a modo suo.

In un derby segnai al primo minuto, ed esultai davanti a lui urlando: <<Ciao paron!>>. Dopo quel gesto mi mise Trapattoni a uomo, e smisi di toccare palla. Alla fine si avvicinò e mi disse: <<Ciao mona!>>“.