Prenderanno il via il 12 giugno i camp estivi organizzati dal Venezia Football Club e dedicati ai giovani calciatori.

L'iniziativa si inquadra tra i progetti internazionali della società di Joe Tacopina promossi dall'ex attaccante Paolo Poggi che dal novembre scorso ricopre questo incarico con l'obbiettivo di promuovere nel mondo l'arancioneroverde.

Il progetto dei camp

In programma ci sono sette camp estivi tra l’Italia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Nei piani ci sarebbe anche quello di sviluppare, nel futuro, contatti con realtà cinesi, ma al momento, tra il 12 giugno e il 6 agosto 2017, sono previsti camp a Detroit e New York (Usa), a Northampton (Uk) e poi a Venezia, Tambre (Bl) e polignano a mare.

Proprio presso la struttura dello Sporting Club Torre Incina di Polignano abbiamo recentemente intervistato Paolo Poggi in merito al progetto. «Partendo dal presupposto che quando si parla di Venezia in giro per il mondo si pensa alla città, l’obbiettivo molto ambizioso del Club è proprio quello di far riconoscere i colori della nostra società e abbinarli subito alla città di Venezia – ha esordito ai nostri microfoni il 46enne di Sant’Elena – Naturalmente in un periodo storico come questo in cui anche l’aspetto commerciale ha una sua rilevanza per quanto riguarda i brand, noi cerchiamo di affacciarci in giro per il mondo cercando di fare apprezzare le qualità di una società che, partendo dal basso, cerca di imporsi nel calcio dei grandi.

Tra l’altro l’intero progetto ci vede anche in cerca di quei posti dove ci sono dei tifosi veneziani o dei veneziani immigrati o comunque dei simpatizzanti della Città o del calcio per riunirli in Supporters Clubs, dando così la possibilità di seguire un po’ più da vicino la nostra realtà -ha sottolineato Poggi – Il tutto per favorire l’attaccamento e ridare quel senso di appartenenza a persone che vivono lontano da Venezia o che hanno voglia di seguire questa società che magari è più accattivante di altri top club che fanno da padrone».

I camp organizzati in Italia si rivolgeranno alla fascia 6-16 anni. Se è vero che ultimamente il calcio, almeno dalla Lega Pro in giù, sta vivendo un momento di crisi, quale un suo consiglio per la crescita dei giovani attraverso queste iniziative? (ascoltabile)

«Parto da un concetto che è solo mio, ma che mi auguro che sia anche di altri, e cioè che il calcio non è solo Serie A o serie B in parte.

Il calcio è calcio a tutti i livelli, le emozioni che si provano all’interno del rettangolo di gioco sono le stesse. L’unica cosa che cambia è il contesto, perché magari in serie A ci sono magari 80 mila persone e nelle categorie inferiori ce ne sono meno. Però le emozioni che dà il calcio devono essere le stesse a tutti i livelli. Per quanto mi riguarda se vedo rotolare un pallone per strada per me anche quello è calcio. Per cui credo che i ragazzi debbano crescere e diventare calciatori o avere l’ambizione di diventarlo proprio mantenendo la stessa passione che hanno da quando son piccoli nel momento in cui vedono un pallone rotolare».

Quindi, al di là dell’aspetto prettamente tecnico, cosa secondo lei un buon allenatore che lavora con i giovani deve trasmettere per farli crescere in questa direzione?

«Come dicevo prima, la passione. Dopo di che l’allenatore bravo è quello che è aperto a ricevere tutto quello che i ragazzi sanno dare, perché la crescita di un allenatore passa attraverso la conoscenza che può essere sviluppata dai libri, ma anche dall’esperienza che ha nel momento in cui si confronta con dei ragazzini. Per cui il compito dell’allenatore è quello, in un certo senso, di assecondare i ragazzi che giocano a calcio e non di imporre necessariamente delle regole che magari si trovano scritte sui libri. Ai ragazzi non si può imporre niente, bisogna assecondarli e dall’alto dell’esperienza di un adulto cercare di indirizzarli verso dei valori positivi che nel calcio devono essere assolutamente predominanti. Se l’allenatore riesce, in mezzo ai bambini, a mettersi alla loro altezza allora li aiuterà veramente a crescere».