Esattamente 23 anni fa, nella sua casa campana di Castellabate, moriva Agostino "Ago" Di Bartolomei. Lo faceva in modo violento, così incredibilmente distante ai suoi modi gentili ed aristocratici, con un colpo di pistola. A distanza di tanti anni, non si è ancora riusciti a fare chiarezza su uno dei gesti tragici più inspiegabili della storia del calcio italiano.

La carriera di "Ago": Roma, Roma e ancora Roma

Nato a Roma nel 1954, Di Bartolomei cresce nel quartiere di Tor Marancia e comincia a giocare in una delle tante squadre satellite della Roma.

Il suo esordio in maglia giallorossa avviene a 19 anni, in un pareggio a reti bianche contro l'Inter, mentre il suo primo gol con la sua squadra del cuore risale alla prima giornata della stagione 1973/1974. Nel giro di tre anni Di Bartolomei diventa uno degli uomini-simbolo della Roma. Gioca nella posizione di centrocampista davanti alla difesa. Il suo è un calcio elegante, misurato, mai raffazzonato e banale. In campo è una furia solo dal punto dell'impegno e delle giocate, mai del temperamento. "Ago" rispetta l'avversario. Se non è sicuro di entrare sulla palla, evita il tackle scivolato. Quando nasce qualche battibecco, "Ago" lo placa con gesti misurati e parole composte. La sua vera esplosione in giallorosso avviene nella stagione 1977/1978, quando mette a segno addirittura 10 gol.

È la Roma di Dino Viola, un presidente venuto da una zona imbastardita come la Lunigiana. Ma che, arrivato nella capitale, impiega cinque minuti per scegliere la sua squadra preferita: quella con i colori del sole e del cuore.

Liedholm e lo scudetto del 1983

La squadra, rinforzata da giocatori di caratura nazionale ed internazionale come Falcao, Conti, Ancelotti, Nela e Pruzzo, comincia a credere nello scudetto, il secondo della storia giallorossa dopo quello bellico firmato da "fornarino" Amadei.

Nel 1981 sfuma per un soffio dopo il contestatissimo gol annullato a Turone nello scontro diretto con la Juventus, ma due anni dopo i tifosi romanisti riescono finalmente a festeggiare il titolo. Protagonista assoluto di quella stagione è proprio Agostino di Bartolomei, arretrato nella posizione di libero dal nuovo tecnico giallorosso, il "barone" Nils Liedholm.

I 'maledetti' rigori contro il Liverpool

Nella stagione successiva, la Roma ha l'occasione della vita: giocare la finale di Coppa dei Campioni in casa, allo stadio "Olimpico". Il 30 maggio 1984, una notte scolpita in maniera indelebile nella storia della Roma, la notte dei rimpianti e delle lacrime. La Coppa dei Campioni volerà in Inghilterra, il Liverpool vincerà ai calci di rigore dopo che i tempi regolamentari e supplementari si erano chiusi sull'1-1. La lotteria dal dischetto è tristemente celebre, quella in cui Falcao non ha il coraggio di calciare. Ago Di Bartolomei, con il suo consueto spirito di servizio, con la solita generosità, si presenta sul dischetto e fa il suo dovere, trasformando un penalty che non servirà a nulla.

Il passaggio al Milan

Quel 30 maggio chiude nella maniera peggiore un fantastico ciclo giallorosso e cambia la vita di Ago. Liedholm lascia la panchina della Roma e torna al Milan, al suo posto arriva un altro svedese, Sven-Goran Eriksson, che inserisce il capitano nella lista dei partenti. Di Bartolomei lascia dunque la Roma e raggiunge il suo 'maestro' a Milano. In rossonero gioca tre ottime stagioni, ma nel 1987 non rientra nei piani del nuovo tecnico, Arrigo Sacchi, ed accetta l'offerta del Cesena dove disputa la sua ultima stagione in Serie A. Chiuderà la carriera con la Salernitana, al termine del campionato di serie C1 1989/90 nel quale contribuirà alla promozione in serie B dei campani.

Abbandonato e depresso, "Ago" decide di farla finita

Dopo una breve esperienza da opinionista televisivo per le partite della Nazionale, "Ago" intende continuare a lavorare nel mondo del pallone. Trasferitosi nella cittadina campana di Castellabate (provincia di Salerno), crea una scuola calcio a suo nome con un obiettivo tanto semplice quanto ambizioso: insegnare ai bambini ad amare il calcio. Nel frattempo, Di Bartolomei ha dei contatti telefonici con la Roma, la squadra che ha continuato ad amare anche dopo la sua partenza forzata. Parla con il dirigente giallorosso Bruno Conti, suo amico ed ex compagno di squadra. "Datemi dei ragazzini della Roma da allenare: se serve lavoro anche gratis".

Per ragioni mai chiarite, l'ipotesi di tornare a lavorare nella società del nuovo presidente Sensi rimane tale. Per lui le porte sono chiuse a doppia mandata. Persino nella minuscola Castellabate diventa difficile lavorare. Di Bartolomei chiede dei permessi all'aministrazione comunale per realizzare un centro sportivo. Niente da fare, anche quest'obiettivo sfuma. Giunge la depressione. Di Bartolomei si trova nella sua casa campana. Prende carta e penna e scrive una commovente lettera di addio. Poi, a scuotere il silenzio circostante spezzato dal frinire delle cicale, il rumore di un colpo di pistola. Inutile il trasporto in ospedale: "Ago" ha già cominciato a correre nei campi del Paradiso. Il 30 maggio 1994: a 10 anni esatti dalla sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni, moriva Agostino di Bartolomei.