Dalbert Herinque è il 34esimo calciatore brasiliano nella storia dell'Inter. A lui spetta un compito non facile, quello di dare continuità di rendimento ed efficacia alla corsia esterna sinistra in difesa ed è un ruolo che, storicamente, ha rappresentato un pò il cruccio della società nerazzurra. Quella dei brasiliani dell'Inter comunque è una storia lunga ed affascinante che inizia praticamente con la storia stessa del club milanese, agli albori del XX secolo.

Achille Gama, il pioniere

Achille Da Gama Silva Malcher, un nome che dirà poco o nulla agli interisti più giovani.

Eppure si tratta di un pezzo di storia importante della società, anzi è il primo capitolo di una storia lunga 109 anni. Achille Gama, brasiliano, nato nel Parà nel 1892, è tra i soci fondatori del club che si ritrovarono al ristorante 'L'Orologio' di Milano il 9 marzo del 1908 e diedero vita al Football Club Internazionale. A lui però è legata una di quelle chicche statistiche che restano per sempre negli annali: l'attaccante brasiliano mise a segno il primo gol in assoluto della storia nerazzurra, segnato al Campo di Porta Monforte il 10 gennaio 1909 contro il Milan (il risultato finale fu 3-2 per i rossoneri). Gama non fece parte della rosa che nel 1910 conquistò il primo titolo di campione d'Italia, tornò comunque ad indossare la maglia del'Inter dalla stagione 1910/11 e lo fece ininterrottamente fino allo scoppio della Grande Guerra.

Per lui complessive 46 gare e 18 gol. Quando appese le scarpette al chiodo si dedicò all'arbitraggio e, tra le altre cose, fu assistente di linea dell'olandese Mutters nella finale olimpica di Amsterdam del 1928 tra Uruguay ed Argentina. Negli anni successivi, per lui, anche un'esperienza da allenatore al Bologna nella stagione 1932/33.

Il fratello Giuseppe Gama, invece, ha fatto parte della Commissione tecnica che guidò la Nazionale italiana nella prima partita della sua storia, l'amichevole contro la Francia disputata all'Arena Civica di Milano il 15 maggio 1910.

Jair, il più amato

Se parliamo di brasiliani, il primo nome che viene in mente ai tifosi nerazzurri più maturi è quello di Jair Da Costa.

A lui è legata a doppio filo l'epopea della Grande Inter degli anni '60. Jair nel 1962 militava in patria, nella formazione paulista del Portuguesa. Aveva appena vinto il titolo mondiale: faceva infatti parte della selecao bicampeao, ma al Mondiale cileno non disputò nemmeno un 1', considerato che nel ruolo di ala destra era chiuso da un certo Garrincha. Il Milan lo chiamò per un provino, ma venne scartato perché 'fisicamente gracile'. L'Inter invece lo accolse a braccia aperte e sotto la guida tecnica di Helenio Herrera divenne il 'numero 7' per eccellenza della storia nerazzurra. Vinse tutto ciò che c'è da vincere, tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, contribuendo in maniera fondamentale e, talvolta, anche decisiva, alla causa interista: come nella finale continentale contro il Benfica del 1965 in cui realizzò il gol-partita.

Lasciò l'Inter nell'estate del 1967 e si trasferì alla Roma, ma fece ritorno a Milano nella stagione 1968/69 e vinse il suo quarto scudetto nella stagione 1970/71. Tornerà in Brasile al termine della stagione successiva, ma resta un giocatore con la maglia nerazzurra cucita addosso come una seconda pelle.

I brasiliani del triplete

In tempi molto più recenti, i tifosi dell'Inter hanno amato un altro brasiliano ed a lui è legato un ulteriore ciclo straordinario. Maicon Douglas Sisenado arriva a Milano nell'estate del 2006, reduce da due stagioni in Francia con il Monaco. Gli bastano poche amichevoli per prendersi stabilmente il posto da titolare sulla corsia esterna destra in difesa: è un giocatore completo, dalla straordinara forza fisica e dai piedi fatati.

Con la maglia nerazzurra vincerà quattro scudetti, due Coppe Italia, tre Supercoppe italiane, una Champions League ed un Mondiale per club. Maicon non è l'unico brasiliano che diventa un idolo nella Milano interista del primo decennio del 2000: c'è il portierone Julio Cesar e, nel 2009, arrivano anche il difensore centrale Lucio ed il centrocampista Thiago Motta. Non serve aggiungere altro, i loro nomi sono legati all'Inter di José Mourinho, quella del triplete del 2010, un'impresa che in Italia non è stata ancora eguagliata.

Ronaldo: un fenomeno, ma quella maglia rossonera ...

I tifosi dell'Inter hanno amato tanto anche Ronaldo, ma c'è qualcosa che non riescono proprio a perdonargli. Anche qui è una storia relativamente recente e ben nota.

Il Fenomeno arriva a Milano nell'estate del 1997 dopo un'estenuante telenovela di mercato per strapparlo al Barcellona. La stagione 1997/98 è la migliore della sua carriera, Ronaldo è incontenibile, segna a raffica e trascina l'Inter ai vertici della classifica anche se lo scudetto non arriverà in quella famosa primavera dalle infinite polemiche, in cui il titolo finirà cucito sulle maglie della Juventus. I guai di Ronaldo iniziano però con Mondiali di Francia 1998, 'maledetti' per il Fenomeno a causa di quel 'malore misterioso' accusato prima della finalissima tra il Brasile ed i padroni di casa transalpini. Anni dopo verrà reso noto che, nella notte precedente la finale di Parigi, il centravanti brasiliano ebbe una crisi cardiaca causata dai troppi palliativi che i medici della selecao gli stavano sottoponendo per curare un ginocchio malandato.

Quel ginocchio, purtroppo, si romperà ed a pagarne le conseguenze, oltre al diretto interessato, sarà la sua squadra di club. I tanti infortuni, alcuni dai risvolti drammatici, condizioneranno il suo rendimento all'Inter negli anni a venire. Lascia Milano nell'estate del 2002, dopo 69 gare ufficiali e 49 reti. Si trasferisce al Real Madrid, ma torna clamorosamente nel capoluogo lombardo nell'inverno del 2007 per vestire la maglia del Milan. Non è più lo stesso atleta di dieci anni prima, ma tra i pochi gol realizzati in rossonero spicca quello nel derby dell'11 marzo 2007 (l'Inter vincerà poi 2-1, ndr). Ed è qualcosa che i tifosi interisti non digeriranno mai.

Adriano, imperatore del gol e della 'movida'

Nell'estate del 2001 Ronaldo sta recuperando dall'infortunio più grave della sua carriera, l'Inter nel frattempo ha acquistato un altro brasiliano proveniente dal Flamengo. Adriano Leite Ribeiro si mette in mostra nel pre-campionato, quando i nerazzurri vincono il trofeo 'Bernabeu' nella tana del Real Madrid grazie ad un siluro su punizione del giovane attaccante. Dopo qualche stagione trascorsa in prestito (Fiorentina e Parma), Adriano torna stabilmente a Milano nel gennaio del 2004 e le sue magie illuminano San Siro. Fisicamente è un colosso, le sue progressioni sono inarrestabili, ha fiuto del gol ed un tocco di palla delizioso. Un bomber di razza con il nome da imperatore romano.

Sembra davvero destinato a diventare tra i più forti centravanti di sempre, peccato che alla passione per il calcio, questo ragazzone carioca unisca anche quella per la 'movida'. L'abuso di alcool e la vita sregolata ne condizioneranno pensantemente il rendimento e, dopo il 2008, la sua carriera abbraccerà la parabola discendente la cui caduta diventa rovinosa. Con l'Inter, complessivamente, ha disputato 177 gare ufficiali e messo a segno 75 gol: potevano essere molti di più, senza quella condotta scriteriata fuori dal campo.

Juary ed i brasiliani 'incompresi'

Citati i brasiliani che hanno scritto pagine importanti della storia dell'Inter, occorre ricordarne altri che, purtroppo, non hanno avuto uguali fortune.

Juary Jorge dos Santos Filho arriva in nerazzurro nell'estate del 1982 dopo due ottime stagioni all'Avellino, ma in realtà non è una prima scelta: l'Inter avrebbe voluto l'austriaco Walter Schachner. Famoso per la danza intorno alla bandierina del corner con cui celebrava i suoi gol, a Milano avrà ben poche occasioni per esultare. Il suo rendimento è deludente, 'scaricato' dai compagni e dai tifosi lascia malinconicamente la squadra che doveva lanciarlo al grande calcio e passa alla storia come 'bidone'. In realtà Juary era un ottimo giocatore, lo aveva dimostrato ad Avellino e lo dimostrerà nel 1987 al Porto quando, con un fantastico gol, consegnerà ai lusitani la prima Coppa dei Campioni della loro storia.

Incompreso? Forse si, sulla sua parentesi nerazzurra i pareri sono contrastanti, ma certamente tra i brasiliani incompresi ne figurano due di ben altro peso. Roberto Carlos è uno degli errori di valutazione più gravi della storia dell'Inter e per certi versi è incomprensibile: arriva nella stagione 1995/96 e sarà uno dei migliori in quella che non è affatto una grande squadra. Eppure il tecnico Roy Hodgson che lo definisce "tatticamente indisciplinato" gli preferisce nel ruolo di esterno difensivo sinistro, a fine stagione, addirittura Alessandro Pistone. Roberto Carlos si trasferisce a Madrid e scriverà una delle tante pagine di storia del Real, Pistone avrebbe invece allungato la lista dei terzini sinistri inconcludenti nella storia nerazzurra.

In tempi recentissimi si parla tanto di Philippe Coutinho, oggi pilastro della Nazionale brasiliana e del Liverpool. Le grandi d'Europa, Barcellona in testa, se lo contendono a suon di mlioni di euro. Eppure l'Inter che lo portò giovanissimo in Italia nel 2010, lo cedette a cuor leggero ai reds nel 2010 per 10 milioni di euro, pensando di aver fatto un buon affare. Purtroppo non tutte le ciambelle riescono con il buco e con alcuni brasiliani proprio l'Inter ha collezionato solo 'buchi': i nomi di Vampeta, Caio, Gilberto e Jonathan sono diventati autentiche leggende al contrario e, in tal senso, rischia di diventarlo anche quello di Gabriel Barbosa alias 'Gabigol' la cui unica colpa, finora, è stata quella di non venir compreso da ben tre allenatori. Chissà se riuscirà a farsi comprendere da Luciano Spalletti. Dalle ultime news che lo danno in lista di partenza, probabilmente in prestito allo Sporting Lisbona, sembra proprio di no.