Questa mattina (all'una e mezza da noi) a Quito, capitale dell'Ecuador, a 2.850 metri sul livello del mare, Leo Messi ha deciso di scrollarsi di dosso i panni del pulcino bagnato che spesso ha indossato con "la celeste" per diventare il messia che porta l'Argentina alla fase finale del prossimo mondiale di calcio.

The last

L'ultima partita utile per volare in Russia si era trasformata per l'Argentina, dopo l'inutile pareggio con il Perù, in una specie di psicodramma.

Le palpitazioni degli argentini erano accompagnate dall'attenzione e dalla curiosità di tutto il continente sudamericano e di buona parte del calcio mondiale. E non solo. Gli U2, in concerto a La Plata, hanno deciso di posticipare l'inizio del loro concerto al termine della partita, proiettandola sui maxischermi.

Come nelle migliori sceneggiature, un possibile dramma si trasforma da subito in una certezza: non passa un minuto (45 secondi, ad essere precisi) che l'Ecuador segna il primo gol (anche bello), accendendo sulla partita tutte le tinte più fosche per gli avversari.

Si sa, non lo dice solo Murphie nelle sue leggi, lo sanno tutti che se può andar male andrà certamente male. Lo sapevano anche gli 11 argentini in campo dopo il gol dei "tricolores". Arruffoni, imprecisi, volitivi ma inconcludenti, spesso sbagliano i passaggi o in ritardo nei contrasti. Tanta voglia di riscatto ma poca sostanza per ottenerlo.

Ci voleva qualcosa che cambiasse la partita, che trasformasse l'ultima opportunità del girone di qualificazione in un evento di cui si parlerà per molti anni, in Argentina. Qualcosa o qualcuno. Quel qualcuno era Leo Messi.

Self made man

Con i compagni che fungevano a turno da attore non protagonista (chi con un passaggio, chi allontanandosi e portando via un difensore, chi intercettando un pericoloso passaggio avversario), Messi si è letteralmente caricato addosso la squadra con due gol nel primo tempo ed il terzo, a sancire la vittoria, nel secondo.

Tutto da solo? Sì. nel primo detta lo scambio, nel secondo ruba al difensore la palla su un passaggio troppo in avanti e sul terzo, mentre corre con la palla, indica al compagno dove andrà, impedendogli di entrare ed intasare i'impossibile pertugio che lui aveva scoperto. Per corroborare la superba prestazione, i maggiori pericoli per la porta ecuadoregna sono sempre arrivati da lui.

Missione qualificazione compiuta quindi. Molte cose da mettere a posto per l'Argentina, ma il tempo per farlo c'è, ora. Prima di tutto la difesa, inguardabile sul primo gol ed a tratti quasi imbarazzante per una nazionale di quel prestigio. Sul centrocampo si soffre ma non sono i soli (vero Ventura?), ma davanti, se ci sono problemi, da ieri sera, anche in nazionale, li risolve lui. Messi il messia? Non esageriamo con paragoni blasfemi. Però è vero.