Era nell'aria e l'odore acre si sentiva già nell'immediato dopo-partita di Madrid. L'Italia malmenata dalla Spagna? 'Ci può stare - diceva la voce della presunzione italica - e le colpe sono solo di Ventura, perché con Conte in panchina abbiamo battuto gli spagnoli. Ora andiamo agli spareggi senza drammi, siamo l'Italia'. Sono trascorsi poco più di due mesi, gli azzurri sono fuori dai Mondiali per la seconda volta nella lunga storia della kermesse iridata. Non è stata la Spagna a farci fuori, ma la Svezia, una Nazionale rude con poca qualità tecnica, una squadra che in 180' non ha prodotto nemmeno un vero tiro nello specchio della porta.

Non andremo in Russia, abbiamo sparato le nostre ultime cartucce in quel di San Siro e siamo rimasti con le polveri bagnate, mostrando quantomeno un pò di quella grinta che era colpevolmente mancata in Svezia. I nostri avversari non hanno brillato, hanno opposto un poco originale catenaccio e sono stati anche fortunati. Ciò non assolve Giampiero Ventura, la cui mancanza assoluta di idee è emersa in modo devastante nella triste notte milanese e non assolve nemmeno i suoi giocatori. Perché questa è semplicemente una Nazionale italiana estremamente povera di talento, con troppi elementi sopravvalutati che nel calcio di nemmeno tanti anni fa la maglia azzurra l'avrebbero vista a malapena dalle tribune.

Oggi l'apocalisse del nostro calcio è una dura realtà, i molto presunti fuoriclasse italiani si dovranno accontentare di vedere il Mondiale di Russia in TV ed è giusto così, alla luce di ciò che hanno mostrato in queste qualificazioni.

Una Nazionale senza talento

Non entriamo più di tanto nel dettaglio del match contro gli svedesi, alla fine la qualificazione l'abbiamo persa a Solna alla luce di una prestazione sconcertante.

Al 'Meazza' l'impegno c'è stato, ma nel complesso non è stata una grande prova. Il calcio non è fatto solo di muscoli e rabbia o, almeno, non è questo il calcio italiano al quale siamo stati abituati. Le Nazionali di un tempo, e non stiamo parlando di ere geologiche, possedevano cattiveria agonistica, mestiere e furbizia. C'erano guerrieri rocciosi, infaticabili lavoratori e solisti eccelsi.

Quelle squadre avevano una sagacia tattica che consentiva di mettere in difficoltà qualunque avversario ed i nostri giocatori erano figli di un evoluzionismo tattico tipico del nostro credo calcistico. Siamo stati gladiatori o funamboli, tedeschi o sudamericani, siamo stati soprattutto italiani, quando c'era da difendere a denti stretti e colpire in maniera micidiale in contropiede. Oggi siamo solo un'accozzaglia di senatori sul viale del tramonto e di giovani presuntuosi con poca personalità. Qualche buon giocatore, nessun campione vero, nessun trascinatore e nemmeno un letale finalizzatore. Il declino del calcio italiano, in fondo, è iniziato all'indomani del titolo Mondiale del 2006 perché quella Nazionale non aveva i mezzi per aprire un ciclo e quando, uno dopo l'altro, gli eroi di Berlino hanno lasciato la maglia azzurra, per la prima volta in oltre mezzo secolo ci siamo trovati senza ricambi generazionali.

Un aspetto nuovo ed inatteso del calcio italiano.

Il black-out di Ventura

I processi saranno aperti, i colpevoli condannati. La prima testa a cadere sarà quella di Giampiero Ventura la cui unica colpa, in fondo, è quella di essere inadeguato a rivestire il ruolo di CT della Nazionale. Emblematico il momento delle sostituzioni nel secondo tempo di Italia-Svezia: per lunghi minuti i nostri giocatori si sono scaldati senza sapere se e quando sarebbero entrati in campo perché, probabilmente, neppure lo stesso Ventura era in grado di concepire vere soluzioni per cambiare l'inerzia della partita. Ha poi fatto la mossa più prevedibile, quella di riempire la squadra di punte e mezze punte, cercando di fare breccia nell'affollatissima area svedese.

Tutto questo dopo aver tenuto a lungo Gabbiadini, quella che è stata un pò la sua mossa a sorpresa, troppo lontano dagli ultimi sedici metri lasciando Immobile alla mercé della retroguardia scandinava. Tra le mosse azzeccate, almeno inizialmente, quella di Jorginho per il quale è stato facile prendere in mano le chiavi del centrocampo, ma con il trascorrere dei minuti si è eclissato anche lui. Il tecnico è colpevole di non aver dato un'anima ed un gioco a questa squadra e lo dicono le cifre: nella sua esperienza sulla panchina azzurra ha convocato qualcosa come 54 giocatori, utilizzandone in campo 39. Ha cambiato quattro sistemi di gioco di cui tre nelle ultime quattro partite. Ma è fin troppo facile scaricare esclusivamente le colpe su Ventura.

Di chi è la colpa?

Dinanzi ad una disfatta calcistica, infatti, le colpe vanno sempre equamente divise. Abbiamo negli occhi l'inguardabile Italia di Solna, troppo brutta per essere vera. Abbiamo negli occhi l'Italia sballottata dalla Spagna nei due confronti diretti e quella che ha faticato ad aver ragione di avversari modesti come Israele, Macedonia ed Albania. Dobbiamo concludere che il livello attuale della nostra Nazionale è questo, con buona pace di una stampa 'buonista' il cui atteggiamento paradossalmente protettivo ha contribuito a creare l'illusione che si potesse andare lontano. Non pretendevamo di avere una squadra favorita per sollevare la Coppa del Mondo, semplicemente un gruppo che arrivasse in Russia insieme alle altre 31 squadre.

A chi dare le colpe, pertanto, se una generazione calcistica non è all'altezza di quelle che l'hanno preceduta? Ai troppi stranieri che giocano nel nostro campionato? Dispiace disilludere i nazionalisti d'annata, ma sono presenti in gran numero anche in altre nazioni le cui rappresentative sono in Russia. Colpevoli, dunque, sono i club che non sanno più investire nei settori giovanili? Non ci piove, la maggior parte delle nostre società è in ritardo rispetto ai club degli altri Paesi europei sotto questo e molti altri punti di vista.

Il fallimento che parte dal vertice

Ma colpevole è soprattutto una FIGC capace solo di lanciare confusi proclami e di spacciare il nostro per un calcio in salute e di alto livello qualitativo, vertici che non sono stati in grado di colmare gli enormi deficit strutturali ed economici, annaspando alla ricerca di inutili palliativi invece di realizzare progetti seri a lunga scadenza per riformare un settore in crisi.

Stavolta ci vorrà qualcosà di più forte del solito antidolorifico: l'Italia non andrà ai Mondiali, a sessant'anni di distanza dall'eliminazione del 1958. Il calcio italiano ha toccato il fondo, ma talvolta può essere utile per una scossa, per capire che il fondo non si può raschiare e, dunque, per ripartire da zero e gettare le basi per una vera rifondazione. Le grandi sconfitte devono servire a questo, a patto che si faccia tesoro degli errori e si abbia la dignità di riconoscere le proprie colpe. Il giorno dopo lo 0-0 con la Svezia che ci ha estromesso dalla fase finale dei Mondiali regnano ancora confusione e sconforto. Ventura lascerà la guida della Nazionale, alcuni veterani hanno già annunciato il loro addio.

Ci aspettiamo però una presa di coscienza anche dal presidente della FIGC, Carlo Tavecchio e dal direttore generale Michele Uva, sperando che la dignità superi almeno per una volta l'attaccamento alle poltrone. Perché proseguire con comandanti incapaci che hanno fallito su tutta la linea significa non avere la volontà di uscire dal tunnel.