Prima Giampiero Ventura, poi Carlo Tavecchio. Per gli italiani, la responsabilità della clamorosa eliminazione della Nazionale dalla fase finale della Coppa del Mondo va equamente condivisa. Abbiamo invero pochi dubbi su quello che sarebbe stato il destino di un gruppo di giocatori poverissimo di talento ai Mondiali di Russia, tuttavia cedere il passo dinanzi ad una squadra complessivamente mediocre come la Svezia è stata una vera Caporetto. Inevitabile per i due responsabili farsi da parte: silurato il CT, seguito a breve dal numero uno della FIGC.

Sono trascorsi poco più di tre mesi, ma nelle stanze dei bottoni del calcio italiano la situazione è sempre la stessa: giochi di potere e politica di quartiere che non portano a nulla, probabilmente nemmeno ad un presidente federale. I candidati ufficiali ad oggi sono tre: Damiano Tommasi, Cosimo Sibilia e Gabriele Gravina, nessuno sembra in grado di mettere d'accordo tutte le componenti del calcio italiano. L'assemblea elettiva si terrà il 29 gennaio, per il resto 'di doman non c'è certezza'. Quello che sembra evidente è un sistema calcio incapace di rinnovarsi o, semplicemente, restio a farlo. E se in passato i naufragi della Nazionale sono serviti da lezione ad una Federcalcio capace di riorganizzarsi, gli attuali membri dimostrano più interesse a conservare le poltrone e garatire i propri profitti, piuttosto che a rilanciare effettivamente un intero movimento in crisi.

Tante promesse, pochi fatti concreti

Squadre B sull'esempio delle cantere spagnole, centri federali e nuovi investimenti sui vivai. Oppure cambiare le regole del mercato tra squadre italiane, dove ogni affare necessita di una fideiussione bancaria come garanzia economica, cosa che non accade se il giocatore acquistato viene dall'estero (e ci si chiede ancora perché arrivino sempre più stranieri).

Belle parole, insomma, pronunciate all'indomani del disastro azzurro contro la Svezia, pietre miliari da cui ripartire. Rimangono tali, parole con pochi fatti concreti se non si riesce nemmeno a trovare una candidatura univoca da eleggere ai vertici del calcio italiano. In tanti guardano con favore alla candidatura di Damiano Tommasi, l'unico elemeno di discontinuità con il passato visto che Gravina e Sibilia sedevano già su poltrone importanti durante la presidenza Tavecchio, salvo poi dichiararsi esponenti del nuovo corso.

Un teatro dell'assurdo dove l'unico attore credibile sembrerebbe proprio l'ex centrocampista della Roma, il quale però sembra avere poche chanches di accattivarsi le attenzioni della Lega di Serie A il cui sostegno è certamente decisivo. Una Lega, ricordiamolo pure, attualmente commissariata e gestita dall'ex presidente federale. Una di quelle classiche storie all'italiana dove tutti convengono sul paradosso, ma nessuno si stupisce. In mezzo a questo caos, il commissariamento della FIGC prospettato dal presidente del CONI, Giovanni Malagò, è forse l'unica soluzione in grado da subito di avviare le riforme e prendere decisioni importanti, come quella relativa al prossimo CT della Nazionale che prenderà parte alla neonata Nations League (i cui sorteggi sono in programma il 24 gennaio, ndr).

Tommasi in ogni caso va avanti con la propria candidatura. "Indice di coerenza - ha commentato in proposito Malagò - ed è giusto così. Io so solo che ci si presenta molto divisi all'assemblea: ditemi voi se è una cosa normale". Suona tanto come un 'io ve lo avevo detto'.