Bisogna sempre fare attenzione a non diffondere frasi ingiuriose nelle lettere inviate ai condomini, anche quando riproducono fedelmente ciò che è stato trascritto nel verbale di un assemblea condominiale. Si commette, infatti, il reato di diffamazione tutte le volte in cui viene riportata una frase irrispettosa pronunciata da un terzo nei confronti di un altro soggetto. Questo è quanto ha statuito una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha decretato la responsabilità penale di un amministratore di condominio. Quest'ultimo, dopo una riunione condominiale, aveva provveduto ad inviare una lettera a tutti i condomini dello stabile per informarli su ciò che era stato deciso, riportando anche delle frasi ingiuriose rivolte da un geometra contro due condomini.

Limiti alla divulgazione e reato di diffamazione

I due condomini offesi hanno citato in giudizio l’amministratore, sottolineando come la divulgazione delle frasi offensive non facesse parte del dovere di informare gli altri condomini sullo svolgimento dell’assemblea. La persona offesa dalla critica ha infatti sempre un interesse a che non venga amplificata l’espressione ingiuriosa pronunciata da un terzo nei suoi confronti, a prescindere dalla libertà di riferire i fatti. L'amministratore di condominio, a sua discolpa, ha richiamato l’articolo 51 del codice penale che disciplina l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere, affermando che le espressioni ingiuriose non erano a lui imputabili, dato che si era limitato passivamente a riferirle agli altri condomini.

La Corte di Cassazione penale, però, gli ha dato torto, confermando la condanna per diffamazione. I giudici di legittimità, infatti, hanno ritenuto che l'esercizio di un diritto di informazione deve sempre fare in modoche non vengano offesi terzi soggetti. (Corte di cassazione sentenza n. 44387 del 2015).

Irrilevanza delle espressioni ingiuriose pronunciate durante l’assemblea

La Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha applicato il principio di proporzionalità della condotta, in funzione dello scopo da perseguire. La Suprema Corte, quindi, ha distinto il caso in cui è giusto divulgare i fatti a scopo informativo, dal caso in cui non c'è alcun interesse generale a diffondere offese non pertinenti allo scopo informativo.

In questo senso, gli ermellini hanno precisato che il comportamento divulgativo deve sempre tener conto anche della possibile violazione del diritto alla privacy.

La Cassazione, quindi, nel valutare la condotta dell’amministratore, ha configurato il reato di diffamazione. A detta degli ermellini, il canale di trasmissione da lui usato per la divulgazione delle ingiurie ha avuto come obiettivo principale quello di danneggiare negativamente ed ancora di più la reputazione dei due condomini. L’amministratore la prossima volta starà ben attento a bilanciare l’interesse alla diffusione di tali notizie, con quello sulla tutela dell’onore della persona che potrebbe esser offesa. Per altre info di diritto premi il tasto segui accanto al mio nome.