Furono ben dodici le denunce che marianna manduca, giovane mamma siciliana, fece nei confronti del marito che più volte l’aveva minacciata di morte. Le tante denunce non sono servite a salvare la vita alla trentaduenne palagonese, e, secondo la magistratura, lo Stato Italiano ha contribuito alla morte della donna, massacrata con diverse coltellate in strada dal marito Saverio Nolfo. Ripercorriamo la storia di Marianna Manduca e della storica sentenza emessa in suo favore.

L’assassinio di Marianna Manduca: i matrimonio, la separazione, le denunce e l’omicidio

Ripercorrendo la storia di Marianna Manduca, sembra di leggere un copione troppo spesso sentito e risentito. Una donna stanca delle vessazioni che subisce dal marito, decide di denunciarlo e di porre fine alla loro storia d’amore fatta di soprusi e violenza. L’allontanamento della donna non pone fine, però, al calvario che subisce da chi le aveva giurato amore eterno.

Dopo il matrimonio con il marito, avvenuto a pochi mesi dall’innamoramento dei due, la donna scopre la dipendenza dalla droga dell’uomo. Scoperta questa pesante verità, la donna cerca di aiutarlo tentando di far intraprendere un percorso di disintossicazione, nel frattempo nasce il primo figlio.

Saverio non lavora e i due vivono in una condizione precaria, in un’abitazione priva persino di acqua calda, con i soldi del lavoro di geometra della donna. Il cercare di portare l’uomo sulla retta via, scatena la violenza dell’uomo nei confronti della moglie, che subisce in silenzio.

Negli anni a seguire nascono altri due figli ma le violenze non si placano, finchè Marianna trova la forza di denunciare e lasciare l’uomo, che, inspiegabilmente, diventa affidatario dei figli.

Le continue minacce di morte spingono la donna a sporgere ben 12 denunce contro l’uomo, e nel frattempo intenta una causa per riavere l’affidamento dei tre figli.

Il 3 ottobre 2007, a pochi giorni dall’udienza per l’affidamento dei figli, Marianna porta i tre piccoli che hanno trascorso la giornata con lei, a casa del marito, ancora affidatario.

L’uomo non si fa trovare a casa, aspettando la donna appostato nella propria auto situata nelle vicinanze. Una volta individuata la vettura della moglie, la sperona; dal veicolo scende il padre, che accompagnava la donna, ma viene colpito con un bastone e accoltellato, poi il marito si accanisce contro la donna che cerca di fuggire. Una volta raggiunta, la lascia priva di vita sotto gli occhi del padre. L’uomo è stato condannato a 20 anni di reclusione e i tre figli sono stati affidati ad un cugino della donna.

Del caso se ne occupò anche la trasmissione Rai “Amore Criminale”, che ha dedicato una puntata alla donna di Palagonia.

La sentenza contro lo Stato e il risarcimento danni

Il cugino di Marianna, tutore dei tre figli dal 2010, ha intentato una causa contro la Magistratura per vedersi riconosciuta l’imperizia dei magistrati che non hanno compreso la gravità del caso, considerandolo “lite familiare”.

Il ricorso dopo essere stato giudicato inammissibile in due gradi di giudizio, è stato accolto in Cassazione.

La Corte d’Appello di Messina ha condannato la procura di Caltagirone, e ha stabilito che la Presidenza dei Ministri dovrà risarcire i figli della donna con oltre 300 mila euro per danno patrimoniale. Una sentenza che è sicuramente una novità in Italia, ma la battaglia legale dell’uomo andrà avanti in quanto vuole che la magistratura riconosca anche i danni morali che la morte della donna ha provocato.

La donna, alla quale è stata dedicata una via nel comune di Palagonia, nelle ultime denunce scriveva “Aiutatemi, mi ha minacciato con un coltello, non so più cosa fare”.