E' una preoccupazione che viene lanciata, in questi giorni, dalle Organizzazioni agricole. Ed è sostanzialmente legata all'importazione -sempre più in aumento- di riso a dazio "zero" dai PMA (Paesi meno avanzati) come, ad esempio, la Cambogia e Myanmar. E non è una questione di concorrenza. Il fatto è che sembrerebbero mancare tutte quelle garanzie sia sulla qualità e sia sulla sicurezza del prodotto. E' oramai convinzione che la produzione di quei Paesi è lontana dagli standard e dalle norme utilizzate nell'ambito europeo. Una infelice situazione che non consente di effettuare un adeguato e costante controllo sanitario.

L'insicurezza alimentare corre sul filo della eccessiva velocità con la quale aumentano le quantità d'ingresso di riso nel nostro paese. Secondo gli ultimi dati statistici, il semilavorato e quello lavorato sono aumentati di circa 89000 tonnellate (+61%) rispetto allo scorso anno. Durante la presente campagna c'è stata un'importazione di oltre 235000 tonnellate di cui dalla Cambogia è arrivato circa 204000 tonnellate. E soltanto da questo Paese, lo scorso mese di giugno, è arrivato quasi 18000 tonnellate di riso su un totale di oltre 21000 tonnellate. Confagricoltura ed Ente Nazionale Risi (organo che si occupa di tutelare il comparto produttivo) hanno tutte le ragioni per sentirsi preoccupati.

Mentre è noto che il riso italiano offre garanzie al consumatore per qualità e maggiore attenzione che pone nelle tecniche di conservazione e produzione.

Il riso è una eccellenza italiana. Difatti primeggia fra i Paesi europei. La Japonica -usata per i risotti- è la specie maggiormente coltivata, la quale a sua volta comprende risi comuni (piccoli e tondi); risi semifini (tondi di media lunghezza); risi fini (affusolati e lunghi); risi superfini (grossi e lunghi).

Le aree principalmente coltivate a riso sono quelle del Piemonte e della Lombardia. Seguono il basso ferrarese, parte del Veneto, della Sardegna, Calabria e Toscana. In totale si stima una produzione annua di 15 milioni di quintali. Le varietà commerciali sono una decina. Ed interessanti sono pure gli aspetti nutrizionali del riso: è privo di glutine ed è un alimento fondamentale per i celiaci; contiene una notevole percentuale di fibre, vitamine, sali minerali e acidi grassi essenziali.

In cucina si presta ad una moltitudine di ricette che possono soddisfare pure i più esigenti e golosi di riso.

Da ciò si evince la ragione per cui gli agricoltori, e non solo, stanno conducendo una battaglia per fermare le speculazioni sull'import di riso dai Paesi del sud-est asiatico. Nel contempo, la mancanza di tutela del comparto della risicoltura crea un'altra situazione incresciosa che, presto o tardi, si abbatterà sulla scrivania del ministro Martina. Per l'Italia si tratta d'un comparto agricolo strategico che non richiede soltanto una protezione dei nostri alimenti perché in gioco ci sono pure migliaia e migliaia di posti di lavoro. Per il momento, comunque, quello che preoccupa di più la Coldiretti -nel braccio di ferro con la Commissione europea- è ottenere una clausola di salvaguardia ai sensi del Regolamento Ue n.

978/2012 per fissare un limite d'importazione al quantitativo di riso che decolla dalla Cambogia.

Se la situazione andrà definitivamente fuori controllo l'invasione del cereale asiatico farà crollare, in maniera risolutiva, la risicoltura italiana; che si troverebbe anche col problema per come convertire quei terreni in altre colture. Senza considerare poi il punto sull'equilibrio idrogeologico come la vasta area tra il Po ed il Ticino. Un ridimensionamento della risicoltura, quindi, comprometterebbe la protezione delle acque superficiali e sotterranee. Non ci sono scorciatoie. Anzi, oltre all'intervento energico e convincente del Governo, non può mancare una attiva partecipazione delle Regioni e dei Comuni competenti per territorio.

Nel frattempo il fronte della protesta si sta allargando a macchia d'olio. Ricordando, infine, che il cereale sarà il protagonista dell'Expo 2015 di Milano. Chi sarà disponibile a metterci la faccia?