Totò Riina, il capo dei capi, continua a fare notizia. Motivo di questo è la sua arroganza e fierezza nell'aver ucciso il giudice Borsellino. Racconta tutto al suo compagno di carcere Alberto Lorusso, durante l'ora d'aria concessagli, pensando forse di non essere udito dai carcerieri. Dal suo racconto emerge chiaramente che il giudice Borsellino era stato letteralmente preso di mira da Riina, con l'intento di ucciderlo, da diversi anni. Infatti Riina afferma: "…una vita ci ho combattuto là a Marsala" riferendosi al giudice Borsellino. Emergono anche altri particolari, che ci fanno solo immaginare lontanamente quanto siano tecnologicamente avanzate le organizzazioni mafiose. Proprio a questo merito Riina, continuando a conversare con il suo compagno di carcere, gli dice che Borsellino era sotto lo stretto controllo della mafia, e senza mezzi termini gli dice anche che il giudice era intercettato telefonicamente. Ogni telefonata di Borsellino poteva essere ascoltata da Totò Riina in persona. Riferendosi proprio alle intercettazioni telefoniche, Riina confessa a Lorusso che sentì una telefonata di Borsellino che parlava con la madre e le diceva che l'indomani alle 17.00 sarebbe andato a trovarla. Sapendo in anticipo gli spostamenti del giudice Borsellino, Riina, secondo il suo racconto, caricò un altro sacco di tritolo sulla Fiat 126 e la portò davanti alla porta dell'abitazione della madre del giudice. La cosa che sembra divertire molto Riina è che, a quanto lui dice, il giudice Borsellino si è ucciso da solo perché l'innesco dell'esplosivo era collegato al campanello dell'abitazione della madre: suonando ignaro il campanello, il giudice ha acceso letteralmente il tritolo dando luogo ad una violenta esplosione dove morì lui e altri cinque agenti di scorta. Secondo gli inquirenti, Cosa nostra avrebbe ingegnato una vera e propria triangolazione di segnali radio: un primo telecomando in loro possesso avrebbe attivato il trasmittente che si trovava installato nel campanello dell'abitazione della madre per evitare che altre persone che si trovavano a suonare lo stesso campanello potessero "inutilmente" innescare l'esplosione. Dopodiché, dopo aver attivato il trasmittente, il giudice premendo il campanello trasmise l'impulso d'innesco alla ricevente installata nella Fiat 126. Questa tecnica di agire è stata usata almeno in un'altra occasione da Riina, ed è utile ai mafiosi ogni qual volta che necessitano di rimanere nel luogo dell'esplosione senza rischiare troppo.