Proseguono i raid effettuati dalla coalizione, sempre più ampia, creata e guidata dagli Stati Uniti contro i territori controllati dagli jhadisti dell'Isis (il governo inglese ha comunicato che essi potrebbero entrare in possesso di armi chimiche, batteriologiche e nucleari). Il ministro degli Esteri siriano ha affermato, pochi giorni fa, di vedere con favore gli attacchi aerei degli Usa e dei loro alleati sul suo territorio contro le postazioni dello Stato Islamico e tale affermazione potrebbe essere interpretata come una tacita adesione, criticata ufficialmente, a tale iniziativa promossa dalla Casa Bianca.

La convergenza degli sforzi, seppure in forma differente, finalizzata a sconfiggere il nemico comune potrebbe rompersi nel caso in cui il Pentagono e i suoi alleati dovessero prendere di mira il regime di Assad. La paura che è fortemente sentita attualmente in tutta la comunità internazionale riguarda il ruolo futuro della Turchia. Il Parlamento di Ankara, in seguito al forte avvicinamento degli jhadisti ai confini del suo paese, dovrebbe autorizzare prossimamente il Ministero della Difesa a inviare le forze armate in Siria per combattere l'Isis (diecimila soldati sarebbero già pronti a varcare il confine però tale azione sarebbe conforme al diritto internazionale solo con l'ok delle autorità locali) ma ieri il premier Erdogan ha ribadito la necessità di colpire pure Assad (ciò spingerebbe l'Iran e il Cremlino a intervenire in sua difesa, iniziando di fatto una terza guerra mondiale, poiché non si può escludere un aiuto all'esercito turco da parte dell'attuale coalizione anti Isis).

Secondo alcune fonti russe il presidente Putin avrebbe ordinato di ridurre i tempi di distribuzione di missili anti aerei al governo di Damasco per garantirgli una protezione adeguata in caso di raid aerei occidentali contro i suoi target. Assad è stato accusato recentemente, soprattutto dal rappresentante americano e da quello dell'Unione Europea presso l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, di avere attaccato lo scorso agosto i civili con ordigni contenenti alcune sostanze proibite come il cloro violando così l'accordo tra gli Usa, la Russia e la stessa Siria.

Il patto stipulato ha evitato in extremis, l'anno scorso, un confronto militare tra Washinghton da una parte contro Mosca e Pechino dall'altra (queste ultime avevano schierato le loro navi da guerra in difesa del territorio siriano per contrastare quelle statunitensi che erano ormai pronte a colpirlo) in seguito ad un evento simile per cui i paesi occidentali hanno attribuito la piena responsabilità al regime di Damasco mentre il Cremlino, con l'appoggio cinese, ai ribelli che lo combattono da circa tre anni.