In Gran Bretagna gli 007 e Scotland Yard tengono sotto controllo 3000 persone considerate potenziali terroristi come Jihadi John, boia dell'Isis con passaporto britannico. Ma emergono altri particolari. Non era un cane sciolto o un lupo solitario, anzi, Mohammed Emwazi frequentava una cellula londinese, i cosiddetti London Boys, che dai legami con i terroristi somali di al-Shabaab volevano fare il grande salto verso al-Qaeda. Conoscevano anche gli attentatori che nel 2005, due settimane dopo gli attacchi alla metropolitana londinese che causarono 52 vittime, cercarono di far esplodere altre bombe.

Lo prova una telefonata agli atti del processo.

C'erano insomma tutti i motivi per tenerli sotto controllo. Eppure Emwazi si dichiarava perseguitato, in una email scritta ad un giornalista del Sunday Mail nel 2010, scrive "sono un morto che cammina, prenderò delle pastiglie, dormirò per sempre" e si era rivolto a più di un'associazione per i diritti civili cercando un modo per allontanarsi dal controllo del servizio di sicurezza britannico.

Si sentiva dunque sotto pressione, sull'orlo del suicidio ma estremamente lucido nel far perdere le sue tracce nel 2012. Errori dell'intelligence inglese come nel caso delle tre ragazzine londinesi, di appena 15-16 anni che sono riuscite ad andare in Siria indisturbate.

In un video di sorveglianza aspettano per ore ad Istanbul un passaggio per andare oltre confine mentre l'Interpol le stava cercando dappertutto.

La scoperta dell'identità del boia inglese, riconosciuto nel video di una decapitazione nel quale brandisce un grande coltello, non poteva apparire come una sorpresa agli occhi di chi lo stava cercando.

Laureato in informatica, viveva nella zona ovest di Londra prima di partire per la Siria nel 2013, ed anche se interrogato dai servizi di sicurezza, non era mai stato accusato o arrestato. Shiraz Maher del centro radicalizzazione del King College ha detto che stava indagando sulla possibilità che Emwazi fosse tra un gruppo di giovani occidentali londinesi che aveva viaggiato verso la Siria nel 2012.

Molti di loro sono ormai morti, tra i quali Mohammed el-Araj, Ibrahim al-Mazwagi e Choukri Ellekhlifi, tutti uccisi nel 2013. L'ambiente in cui sono vissuti non è quello di famiglie svantaggiate, come si pensava inizialmente, e la riprova è che si tratta di persone istruite nelle quali nasce la voglia di combattere quella stessa società che li ha cresciuti ed educati.