La sentenza di primo grado (con rito abbreviato) a carico di Michele Buoninconti, 45enne vigile del fuoco marito di Elena Ceste , è di quelle che sembrano destinate a reggere alla prova del secondo grado di giudizio: la sentenza è 30 anni di carcere. I PM, al termine delle loro indagini, sono giunti alla conclusione che a uccidere la casalinga di Costigliole d'Asti è stato il marito. La morte della Ceste sarebbe quindi l'ennesimo caso di femminicidio che ha occupato le prime pagine dei giornali negli ultimi anni, in un'escalation di violenza a tutti i livelli che sociologi e criminologi faticano a spiegare.

Va aggiunto che, fin dai primi giorni dopo la sparizione di Elena Ceste, Buoninconti si era fatto notare per alcuni comportamenti un po' curiosi.

Buoninconti si dichiara innocente

Dopo il verdetto del processo di primo grado, però, Michele Buoninconti continua a sostenere di essere estraneo ai fatti. Per lui e i legali che lo assistono, la moglie sarebbe rimasta vittima di alcuni disturbi psicologici che l'avrebbero spinta, al culmine dell'esaurimento nervoso, ad uscire di casa senza vestiti per dirigersi nella zona del Rio Mersa dove, per un malore improvviso o perché scivolata, ha trovato la morte. 'Una tragica fatalità' ha detto in aula Buoninconti.Ricordiamo cheElena Ceste fu trovata morta solo nove mesi dopo la sua scomparsa: era il 18 ottobre 2014.

Il corpo era abilmente occultato da mani esperte ed essendo totalmente privo di vestiti era destinato a una totale decomposizione. Senza i lavori di bonifica del canale, dunque, forse il cadavere non sarebbe stato trovato. Se per i legali di Buoninconti non ci sono le prove dei fatti contestati per la Procura della Repubblica le cose sono ben diverse: l’uomo avrebbe strangolato la moglie 'avendo agito con premeditazione rappresentata dall’avere programmato e pianificato il delitto con perdurante volontà omicida, frutto di ferma e irrevocabile risoluzione criminosa'.

La gelosia come movente

Il caso Elena Ceste ha appassionato l'opinione pubblica: la sua vicenda sembra quella classica di una tranquilla casalinga di provincia (la donna era però originaria di Torino) molto devota al marito e ai figli, che di colpo va incontro a qualcosa di mostruoso e completamente imprevedibile senza motivo apparente.

In realtà, durante le indagini, la morbosa gelosia del coniuge è emersa con chiarezza. L'uomo era solito controllare la moglie con grande attenzione e l'avere scoperto che intratteneva rapporti, seppure amichevoli, con uomini conosciuti tramite Facebook, lo aveva fatto soffrire molto. La Ceste sembrava soffrire la monotonia di giornate sempre uguali, spese a star dietro a casa e figli: probabilmente i moderni Social Network le sono apparsi come una possibilità di distrarsi e confrontarsi con altre persone ed altre realtà, proprio come è accaduto a molti di noi dopo la grande rivoluzione digitale che ha completamente rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo e di relazionarsi alle persone. Da notare che nel processo si sono costituiti parte civile i familiari di Elena Ceste. Al momento i figli sono stati affidati ai nonni materni.