Quando due genitori si separano o divorziano, i giudici pacificamente mettono al primo posto l’interesse del minore nel disporre l’affidamento e la collocazione dello stesso ad entrambi i genitori o ad un solo di essi. Proprio perché l’orientamento giurisprudenziale è sempre incline a ritenere l'importanza della presenza di entrambi i genitori, ai fini di una corretta e serena crescita della prole, l’affido esclusivo ad uno solo dei genitori rappresenta piuttosto un eccezione che si verifica nei casi in cui la conflittualità fra gli ex coniugi sia molto accesa.

Una recente sentenza della Corte di cassazione pronunciandosi su un caso di affidamento condiviso si è spinta oltre, statuendo sul tema del collocamento del figlio minore nella casa familiare, nel quale però non aveva mai convissuto.

Presupposti per il collocamento del figli minori

Protagonista della vicenda è stato un marito, che dopo essersi separato dalla moglie ha avuto da ridire sia sull'affidamento condiviso del figlio collocato presso la madre, sia sull'assegnazione alla donna della casa familiare che era stata acquistata da entrambi in comproprietà al 50% e sul quale gravava un mutuo pagato pro quota da entrambi. L’uomo, nello specifico rivendicava che il figlio nei primi 3 anni di vita aveva sempre vissuto con lui ed esclusivamente nella casa della nonna paterna.

Questo perché la madre, dopo la nascita del figlio si era allontanata dalla casa familiare per sottoporsi a delle terapie al fine d curare i suoi disaggi psichici che si erano manifestati sia in gravidanza sia alla nascita del figlio. Alla luce di tutto ciò il padre aveva chiesto ai giudici di merito che il collocamento doveva essere disposto nei suoi confronti, in virtù anche delle sue migliori qualità genitoriali riconosciute anche dal consulente tecnico d'ufficio.

I giudici di merito hanno però rigettato il suo ricorso. Anche la Corte di Cassazione, a seguito del ricorso dell'umo, con sentenza n. 3331/2016 ha confermato la decisione dei colleghi di merito, sulla scorta delle seguenti motivazioni. A detta degli Ermellini, il minore deve essere sempre collocato sempre presso il genitore meno "litigioso", che meglio garantisce il rispetto dell'ex e il mantenimento dei rapporti con quest'ultimo.

La madre infatti, dopo aver superato i problemi psicofisici sofferti, aveva mostrato di favorire il mantenimento dei rapporti con l’ex coniuge, evitando litigi, e di conseguenza il più equilibrato sviluppo psico-fisico del minore

La Cassazione si pronuncia sull’assegnazione della casa familiare

I giudici di Piazza Cavour, sulla questione dell’assegnazione della casa familiare, hanno statuito che la destinanzione ad abitazione familiare nella quale i genitori del minore hanno convissuto stabilmente 5 anni prima del conflitto e prima della nascita del figlio, non deve ritenersi modificata a seguito della sua nascita. A detta degli Ermellini quindi deve ritenersi giusta l’assegnazione dell'immobile al genitore collocatario proprio perché esso ha costituito, prima dell’insorgenza della crisi coniugale (deflagrata con la nascita del figlio) centro di aggregazione familiare.

La decisione di comune accordo dei coniugi di destinare lo stesso ad habit familiare infatti è preesistita alla nascita del figlio e deve dunque ritenersi la scelta più coerente per il prioritario interesse del minore. Insindacabile quindi la decisione della Suprema Corte di rigettare il ricorso del padre. Per info di diritto potete premere il tasto segui