Troppo alto, troppo rosso, troppo diverso da tutti gli altri palazzi della via. Eppure ora quel goffo edificio di cinque piani che tanto stonava in pieno centro storico di amatrice, a metà del patinato Corso Umberto, la via delle vetrine del paese, è diventato un vero e proprio simbolo, l’incarnazione di un concetto fondamentale nel tragico contesto di un disastro sismico: la resilienza.

La resilienza

Un termine resilienza che, nell’ambito della tecnologia dei materiali, sta a significare “la capacità di un materiale di subire un urto senza rompersi”, e che in quello della psicologia passa ad indicare “la facoltà di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà”.

Niente di più calzante, quindi, a cinque giorni dalle prime, drammatiche scosse del 24 agosto, come metafora di una realtà ferita che cerca di conquistare attivamente la propria ripresa.

E fa davvero impressione quel palazzo bizzarro, ben più stonato di prima rispetto a ciò che gli sta intorno ora che è l’unica costruzione rimasta in piedi in un raggio di diversi isolati, quasi indifferente all’orrore circostante. Un palazzo, appena scalfito dalla tremenda furia della terra che trema, che è sede di Banca Intesa San Paolo e che ha già potuto accogliere all’indomani dell’evento tellurico alcuni dei dipendenti che lì abitualmente operavano, quelli che, dopo le mille raccomandazioni di Protezione civile e Vigili del fuoco, hanno avuto modo di sincerarsi delle condizioni dell’edificio visitandone l’interno.

Le testimonianze sull'ormai celebre Palazzo Rosso

«Il palazzo risale ai primi anni ‘50, costruito dal proprietario Domenico Piccirilli, imprenditore che possedeva una merceria e una pompa di benzina e che voleva investire nel mattone per diventare gestore di un albergo - ricorda l’ingegnere Luigi Bucci, sindaco di Amatrice negli anni ‘80 - ma il progetto non andò in porto.

Per l’altezza e il colore sgargiante strideva con il contesto del centro storico, a maggior ragione vista anche la vicinanza ad una struttura importante come il Palazzo comunale. I progetti originali dell’edificio, ad ogni modo, non erano specificamente in linea con i modelli antisismici, e sinceramente ha stupito tutti vedere che, unica tra tante costruzioni, abbia resistito al Terremoto.

L’unica cosa certa è che all’epoca non s’era risparmiato sulla qualità dei materiali».

Struggente la testimonianza di un sopravvissuto, Alessandro Rafanelli di 58 anni, che, proprio nel racconto di quella terribile notte del 24 agosto offerto nelle ore immediatamente successive alle vicende, menziona un provvidenziale “palazzo rosso” che diede la possibilità a lui, alla moglie e ad una coppia campana conosciuta durante la vacanza di avere salva la vita: «Per avere accesso alle scale d’emergenza dell’Albergo Roma dove alloggiavamo, mia moglie ed io, insieme a Tullio e la sua, abbiamo dovuto scavalcare diverse travi che erano crollate dal soffitto. Dopo aver superato quegli ostacoli ci siamo calati fino alla piazzetta davanti all’hotel, dove inizialmente ho adagiato mia moglie sopra un tappeto di fiori di plastica che lì ho trovato.

Poi, nel freddo e nel silenzio irreale che si era venuto a creare, abbiamo trovato riparo presso l’unico palazzo che era rimasto in piedi, quello rosso. Tullio mi teneva concentrato, mentre lui analizzava a mente lo stato in cui versavano gli edifici già crollati o pericolanti tutt’intorno: da quanto ho capito aveva già vissuto l’esperienza di un terremoto, forse quello dell’Irpinia».