Nel quadro desolante della guerra risulta sempre determinante il gioco delle alleanze, spesso foriere di ulteriori conseguenze sia politiche che militari. Ma l'attuale ondata terroristica spazza via tutte le previsioni o ipotesi, proprio per la sua imprevedibile portata. L'Italia vive con trepidazione e incertezza l'evolversi della guerra in libia sia per la sua stessa posizione geografica che per il suo ruolo nell'ambito degli schieramenti internazionali. Le sue basi militari sono logisticamente preziose per i raid aerei statunitensi che, in soli tre giorni, hanno martoriato il territorio di Sirte, roccaforte dello Stato Islamico e ora teatro di combattimenti.

Risulta quindi evidente la pericolosità del momento che stiamo vivendo.

Le paure del Parlamento

Quando due giorni fa il ministro della difesa italiano, Roberta Pinotti, ha dato la comunicazione ufficiale della disponibilità, da parte del governo, delle basi italiane e dello spazio aereo nazionale per gli aerei americani o delle coalizioni anti-Is, sono sorte contestazioni e polemiche. Si temono, qualora l'Italia entri nell'agone della guerra sul territorio libico, rappresaglie terroristiche nella nostra nazione, finora non toccata dall'ondata di barbarie che sta insanguinando il mondo. Deciso l'atteggiamento di SEL e dei 5stelle, nettamente contrari alla disponibilità logistica delle nostre basi.

Proprio ieri i deputati grillini hanno addirittura abbandonato l'aula in segno di protesta per l'assenza dei ministri Pinotti e Gentiloni. Né ha placato gli animi l'intervento del sottosegretario alla difesa, Domenico Rossi, il quale ha cercato di mitigare le ansie di tutti, asserendo che al momento non è pervenuta alcuna richiesta né dagli Usa, né dal governo di Tripoli.

Perché si combatte in Libia?

La Libia del dopo-Gheddafi presenta un quadro poco esaltante. Manca un governo forte, coeso, in grado di governare l'intero territorio, popolato da tribù spesso appartenenti a differenti etnie, culture e, talvolta, in lotta tra loro. E il governo di al-Sarraj, riconosciuto dagli Usa, da alcune nazioni europee e dall'Onu, è fragile e ne ha dato ampia dimostrazione proprio in questo frangente.

Non è un governo effettivamente centrale del paese che, in parte, segue invece il governo di Khalifa Haftar, attualmente appoggiato dalla Francia e dalla Russia, chiamato governo di Tobruk. Insomma uno scenario estremamente caotico!

In questo frazionamento geo-politico è stato facile per i miliziani dell'Isis impossessarsi della città di Sirte, perla della produzione petrolifera, per il controllo della quale ora si combatte. Lo Stato Islamico difende strenuamente la propria posizione, fronteggiando gli attacchi delle milizie del governo locale, mentre continuano incessanti i bombardamenti statunitensi (ben 9 raid in tre giorni). E l'Italia trema per le eventuali conseguenze.