Quanto è grande la rete di contatti e di fiancheggiatori dell'ultimo tra i grandi boss di Cosa Nostra? La strategia di fare 'terra bruciata' attorno a Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, è proseguita in maniera incessante in questi anni ed ha portato all'arresto di decine di presunti complici e favoreggiatori. Tra questi anche la sorella, Patrizia Messina Denaro, i cui beni confiscati tanto a lei quanto al marito, Vincenzo Panicola, sono passati lo scorso settembre definitivamente in mano allo Stato. Nonostante tutto la "primula rossa di Castelvetrano" si è confermata imprendibile.

Secondo il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, i metodi approntati finora rischiano di essere del tutto inefficaci. Il magistrato lo ha ribadito nel corso di un'audizione in Commissione antimafia.

'Non è una persona normale'

"Matteo Messina Denaro conosce bene tutti gli artifici di una lunga latitanza - ha detto la dottoressa Principato - e quando riusciamo ad arrestare una persona a lui vicina, immediatamente cambia strada: va all'estero dove non gli mancano i luoghi per rifugiarsi in tutta sicurezza". In questo è certamente un boss atipico, visto che tradizionalmente i capimafia non lasciano mai i territori di propria competenza. "Non è una persona normale - ha sottolineato - e gli arresti dei familiari e di soggetti vicini non hanno provocato in lui la minima reazione. Nemmeno i grossi provvedimenti di confisca, se pensiamo che solo con la catena Despar abbiamo sequestrato beni per complessivi 850 milioni".

Tra gli arresti eccellenti, Teresa Principato cita anche quello del nipote prediletto del boss, Francesco Guttadauro, condannato al 41 bis. "Il nostro lavoro è stato indirizzato ad ottenere un calo dei consensi nei confronti di questo boss che, per molti, a Trapani rappresenta ancora una primula rossa da imitare, ammirare e verso cui provare connivenza.

Qualche piccolo risultato lo abbiamo ottenuto - ha proseguito - perché è stato sgretolato quel muro di omertà che circondava la sua famiglia. Ad esempio il cugino acquisito, Lorenzo Cimarosa, che ha iniziato a collaborare e ci ha dato una mano ad inquadrarlo. Lo ha definito un parassita, un personaggo che si nutre del lavoro degli altri e non dà nulla in cambio".

Trasformista, imprevedibile, pieno di risorse, quasi a meritare il soprannome 'Diabolik', uno dei tanti che gli è stato affibbiato in questi anni. Secondo il quadro tracciato da Teresa Principato, a distinguerlo dai boss del passato è la sua grande indifferenza, anche nei confronti di familiari o persone che lo hanno aiutato in questi anni di latitanza. Anche per questo suscita sgomento pensare che ancora oggi, nella sua terra d'origine, ci siano soggetti che provino per lui una reverente ammirazione. Forse motivata dalla paura o, peggio, dall'assoluta mancanza di fiducia nei confronti dello Stato.