Quello tra Cosa Nostra e la Banca di Credito Cooperativo 'Senatore Pietro Grammatico' di Paceco, sequestrata dall'autorità giudiziaria (prima banca in Italia a subire un provvedimento del genere, ndr), sarebbe un legame di vecchia data. In passato aveva parlato dell'istituto di credito anche Nino Birrittella, imprenditore arrestato per mafia nel 2005 e poi diventato collaboratore di giustizia, che ne aveva tracciato l'alto rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata. Oltretutto erano stati posti sotto sequestro i conti appartenuti all'imprenditore Michele Mazzara che nel '99 aveva patteggiato la pena per aver ospitato l'ex capo del mandamento di Mazara del Vallo, Vincenzo Sinacori, durante la sua latitanza e che, successivamente, era stato condannato dal Tribunale di Trapani per intestazione fittizia di beni.

L'interrogazione di Sel nel 2013

Nel 2013 i deputati di Sinistra, Ecologia e Libertà, Claudio Fava ed Erasmo Palazzotto, presentarono un'interrogazione ai ministri dell'interno e dell'economia dell'allora governo Letta, chiedendo di fare chiarezza sulla Bcc di Paceco. Nell'occhio del ciclone erano finiti i finanziamenti ottenuti da Filippo Coppola, condannato per mafia nel 2002 e considerato uno dei referenti di Cosa Nostra a Paceco. Un documento 'profetico' da parte degli esponenti di Sel, considerato che l'indagine che ha portato al regime di amministrazione giudiziaria della banca è partita proprio da una consulenza tecnica fatta nell'ambito di una delle misure di prevenzione a carico di Filippo Coppola.

La notizia non è stata dunque accolta con sorpresa dall'onorevole Palazzotto, uno dei due firmatari dell'interrogazione, ora molto critico nei confronti dell'esecutivo. "Io e Claudio Fava l'avevamo detto tre anni fa che qualcosa non quadrava - ha commentato - ed allora si sarebbe già potuti intervenire. La magistratura, come sempre, finisce per anticipare una politica inerte.

Nel documento presentato ai ministri dell'interno e delle finanze - aggiunge - puntavamo il dito sugli insoliti movimenti della Bcc di Paceco e consideravamo quantomeno 'strano' che avesse più volte concesso finanziamenti ad un condannato per mafia. Nessuno del governo ha mai risposto e nessuno ha mai monitorato ciò che avveniva in banca".