Sansovino è il nome del traghetto su cui si è verificato un gravissimo incidente lo scorso 29 novembre, che a portato alla morte di tre uomini e all'intossicazione di altri tre.

L'imbarcazione, varata nel 1989, a partire dallo scorso aprile, è entrata a far parte della Società di navigazione siciliana, partecipata dalla messinese Caronte & Tourist e dalla trapanese Ustica Lines. In realtà questa è solo l'ultima di una lunga serie di proprietari succedutisi nel corso dell'attività del traghetto, che si è visto modificare il nome per tre volte, che è stato comprato da sei compagnie di navigazione diverse e che per tre volte è stato messo in disarmo.

L'incidente è avvenuto mentre la nave era attraccata al porto di Messina. Secondo una prima ricostruzione, gli uomini, che stavano pulendo una cisterna di gas all'interno della nave, si sarebbero sentiti male a seguito di una fuoriuscita di sostanze gassose, provocate da alcuni residui di nafta. In particolare si tratterebbe di acido solfidrico, che ha condotto alla morte tre uomini: il primo ufficiale Christian Micalizzi, il secondo ufficiale Gaetano D'Ambra e l'operaio Santo Parisi. Altri tre uomini sono rimasti intossicati, di cui uno, Ferdinando Puccio, si trova ancora ricoverato in condizioni molto gravi nel reparto di Rianimazione dell'ospedale "Piemonte" di Messina.

La testimonianza e l'avvio delle indagini

Come sempre, nella tragedia ci sono anche storie di eroi, come quella del nostromo Nino Lombardo che, trovandosi poco distante dal luogo dell'incidente impegnato in un altro Lavoro, non ha esitato a lasciare tutto per correre in soccorso dei suoi colleghi. Racconta ancora sotto shock:"sono riuscito a tirarne fuori due, mi hanno chiamato e sono scappato.

Dopo averne salvati due l'ossigeno nella bombola è finito e sono crollato: da quel momento non ricordo più niente". Lui, pertanto, può essere considerato un eroe, come ha asserito Angelo Aliquò, direttore dell'ospedale Piemonte:"senza di lui i morti sarebbero di più".

Le indagini sono state subito avviate dalla Capitaneria di Porto di Messina, che ha già raccolto le prime testimonianze.

L'inchiesta è stata affidata al procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci che, senza dubbio, cercherà di far luce il prima possibile sui fatti, anche a causa delle molte pressioni derivanti dalle famiglie e dai sindacati.

Il momento del dolore e della rabbia

I famigliari delle vittime sono ancora molto scossi dall'accaduto e chiedono giustizia e chiarezza su questo e tra i tanti ha fatto sentire la sua voce Antonino Natoli, suocero del secondo ufficiale D'Ambra che, nel pieno dello sconforto e della rabbia, ha affermato che suo genero non doveva trovarsi lì in quel momento poiché non era un ufficiale di macchina ma di coperta e, dunque, non aveva le competenze per svolgere quel lavoro. L'uomo ha asserito anche che la vittima lamentava da tempo le condizioni poco favorevoli dell'ambiente di lavoro, dato che non era la prima volta che gli veniva affidato un incarico di manovalanza che non rientrava nei suoi compiti.

Oltre alle voci addolorate delle famiglie si sono sollevate anche quelle dei diversi sindacati, che hanno chiesto di "aprire un'inchiesta immediata da parte degli enti di controllo del Ministero dei Trasporti" in attesa di "conoscere da parte della magistratura l'esatta dinamica". Inoltre hanno aggiunto:"Questo tragico evento a pochi giorni da un altro di Salerno (dove un operaio è morto schiacciato da una rampa, ndr) mette sotto gli occhi di tutti l'urgenza di un immediato intervento legislativo di adeguamento delle norme che disciplinano la sicurezza nei porti e sulle navi".

Un accorato cordoglio è arrivato anche dal mondo della politica, in particolare il Presidente Mattarella ha dichiarato:"Prendo parte con commozione al dolore delle famiglie dei lavoratori di Messina. Ribadisco con forza l'esortazione a fare di tutto perché non si ripetano queste gravissime tragedie. Ogni morte sul lavoro è inaccettabile in un Paese come il nostro".