Secondo il Fatto Quotidiano, le cui pagine ospitano i particolari dell’inchiesta condotta dalla procura di Milano sul presunto giro di tangenti che coinvolgerebbe l’eni ed il governo nigeriano, il resto dei mass media ha deciso di chiudere un occhio sulla vicenda per non rischiare di perdere i finanziamenti legati alla pubblicità munificamente concessi dall’azienda di Stato. E la suddetta inchiesta non smette di regalare colpi di scena. Il thriller politico-economico ruota intorno al giacimento petrolifero nigeriano Opl 245, con un presunto passaggio illecito di centinaia di milioni di dollari nelle tasche dei politici del paese africano, ma anche in quelle di alcuni alti dirigenti dell’Eni.

O, almeno, è questo il quadro descritto dalla ‘gola profonda’ Vincenzo Armanna, a sua volta dirigente del cane a 6 zampe. Armanna racconta ai pm milanesi di come fosse stato informato di un ‘regalo’ da 50 milioni di dollari in contanti recapitato tramite due trolley all’allora ad di Eni Paolo Scaroni. Il suo successore, Claudio Descalzi, invece, ha negato ogni suo coinvolgimento durante un faccia a faccia con lo stesso Armanna di fronte ai pm meneghini. Ma vediamo alcuni stralci dei verbali pubblicati dal Fatto.

I verbali dell’inchiesta Eni

Il primo a finire nel mirino di Armanna è Scaroni. “Victor (uno 007 nigeriano ndr) mi disse che 50 milioni in banconote da 100 dollari erano stati portati al chairman di Eni - canta come un usignolo Armanna a Milano - e per chairman lui intendeva Scaroni, denaro ancora fascettato, in buste di cellophane che occupava due trolley”.

Secondo Armanna quel denaro transitò nel settembre 2011 nelle mani di Roberto Casula (altro dirigente Eni indagato). Armanna precisa di non avere prove dirette di quanto afferma, ma aggiunge che l’ex ministro del petrolio nigeriano, Dan Etete, una volta, a Parigi, gli confessò in inglese: “Boy, you know for whom is this money, is for Paolo Scaroni”.

I due, Scaroni e Casula, precisa Armanna, “hanno provato a far lievitare artificiosamente il prezzo finale di acquisizione del blocco (Opl 245 ndr) per permettere il pagamento dell’esorbitante ‘parcella’ di Emeka Obi (discusso mediatore nigeriano ndr)”. Scopo della loro azione di disturbo, aggiunge il manager ‘pentito’, era ricattare i partner economici africani e, soprattutto, generare “la provvista necessaria a soddisfare gli interessi illeciti delle parti nascoste” dietro le società Evp e Petrol Service.

In pratica, Scaroni e Casula volevano ricattare Dan Etete.

Chiuso il capitolo Scaroni, le attenzioni di Armanna e dei pm si spostano sul suo successore Descalzi che, infatti, nel giugno 2016 viene convocato dalla procura meneghina per un confronto faccia a faccia con la ‘gola profonda’. In questa sede, Armanna sostiene di aver incontrato il presidente nigeriano Goodluck Jonathan nel 2010 proprio insieme a Descalzi, per discutere del ruolo di Obi nell’affare Opl 245 dove sarebbe coinvolto anche il solito Luigi Bisignani. L’ad Eni nega tutto e si finge anche smemorato: “Nel maggio 2010 non ero in Nigeria, mi ricorderei di aver fatto un incontro con il presidente”. Ma Armanna lo gela: “Io invece me lo ricordo perché è stato l’unico incontro a cui ho partecipato”. Il confronto prosegue poi tra i ‘non so’ e i ‘non ricordo’ pronunciati da Descalzi che, però, non riesce ad allontanare il sospetto di un multimilionario giro di mazzette messo in piedi dall’Eni.