"Verranno mobilitati 1000 uomini delle forze armate per far fronte alla grave crisi che vede come protagoniste molte carceri brasiliane, dove dall'inizio dell anno, sono in corso proteste violente" quanto ha affermato oggi il ministro della Difesa brasiliana Raul Jungmann. I numeri sono impressionanti, dall'inizio del 2017 sono ben 134 i morti a seguito delle rivolte, pari al 36% del totale delle vittime dell'anno passato (372 vittime nel 2016), un record negativo in meno di due settimane.

Condizione delle carceri

Il Brasile si posiziona al quarto posto per popolazione carceraria, con presidi sovraffollati e con la conseguente carenza igenico-sanitaria che mina alla salute dei detenuti.

Le rivolte sono iniziate un anno fa, quando è stato deciso di installare nelle carceri un dispositivo capace di bloccare la ricezione dei telefoni cellulari.

I primi casi di violenza e protesta sono avvenuti fuori dalle carceri, per mano dell'organizzazione criminale Sindacato do Crime (SDC). Per capire come ciò sia possibile bisogna fare un passo indietro. Uno dei primi attori operante illegalmente nel sistema carcerario brasiliano è il Primeiro Comando da Capital (PCC), un'organizzazione criminale nata con l'intenzione di garantire protezione ai detenuti dentro e fuori i presidi. La PCC si sostenta attraverso il traffico di armi, droga e il commercio informale dentro i presidi. Agli associati viene garantita oltre che protezione una mensilità all'interno del carcere.

Il Sindacato do Crime

A cavallo tra il 2012 e 2013 un gruppo di dissidenti si è staccato dal PCC, perchè considerava le sue leggi troppo rigide, il risultato fu la nascita di una nuovo organizzazione criminale il Sindicato do Crime in netto contrasto con il PCC.

SDC creò un nuovo codice d'onore e ingaggiò una guerra aperta con il PCC per la gestione del mercato delle carceri e del potere. I componenti del SDC devono giurare piena fedeltà e aderire alle 17 leggi dell'organizzazione, tra le quali: gli associati fuori dal carcere devono mantenere un comportamento consono che non mini l'autorevolezza della gang, è proibito ai suoi componenti l'uso di crack o rivotril, non è ammesso lo stupro, non è accettata l'omosessualità.

Il Sindicato do Crime ha al suo interno una delegazione che funziona da tribunale giudicante per chi infrange tali leggi.

La guerra tra gang

L'attivazione del dispositivo blocca cellulari è stata la miccia che ha fatto scattare le rivolte, ma ha anche aumentato le violenze tra le due gang rivali. Questa misura mina evidentemente il commercio di droga, interno ed esterno delle gang.

Le rivolte sono incominciate nella strada, con atti incendiari, per poi spostarsi nelle carceri, dove le morti tra le varie fazioni sono state altissime.

La risposta delle istituzioni

Il timore, evidente, delle istituzioni è che quest'onda di violenza possa dilagare in una crisi di difficile soluzione, soprattutto nell'ipotesi che le rivolte all'interno dei presidi si traducano in atti di vandalismo e violenza fuori da essi. É interessante vedere come i governatori dei vari stati brasiliani stiano facendo dichiarazioni stampa nel tentativo di assicurare la popolazione. La verità è che, se da un lato, sarà difficile per le autorità riconoscere i corpi delle 134 vittime, dall'altro, ciò che si è verificato in questi pochi giorni è stato un massacro, molti corpi sono stati carbonizzati, o decapitati.

Da sabato scorso è in corso un'altra rivolta nel penitenziario di Alcaçuz, nello stato di Rio Grande do Nord, in soli due giorni altre 26 persone hanno perso la vita, tutti appartenenti al Sindacato do Crime. Nella mattina di domenica 15 gennaio, i detenuti di Alcaçuz hanno occupato il tetto, molti a volto coperto, altri sventolando bandiere artigianali, con il simbolo della gang a cui appartengono. Il dispiegamento di 1000 uomini, deciso dal ministero delle difesa, appare una risposta di poca efficacia e mostra quanto sia fragile il governo brasiliano.