Non si dà pace Quintino Marcella, colui che ha dato per primo l’allarme per la sciagura dell’hotel rigopiano a Farinandola in Abruzzo e che dice di non esser stato creduto a lungo. Il suo racconto è angosciante: l’uomo, proprietario di una struttura alberghiera a Silvi, è stato chiamato nel pomeriggio della tragedia attraverso WhatsApp per una disperata richiesta di aiuto dal suo dipendente ed ex allievo all’istituto alberghiero di Pescara, Giampiero Parete, uno dei due superstiti della tragedia. Fortunatamente si trovava fuori dalla struttura, a quanto pare per prendere delle medicine per la moglie dalla sua auto, quando è arrivata la slavina che ha distrutto l’albergo e causato un bilancio di vittime che va aumentando di ora in ora, man mano che si recuperano i corpi dei numerosi dispersi.

Alla fine, salvo miracoli, i morti dovrebbero essere circa 35.

L'allarme inascoltato

La chiamata di Parete arriva poco dopo le 17:30. Da quel momento inizia l’incredibile trafila di Quintino Marcella: la prima telefonata di allarme è alla Prefettura. Risponde una coordinatrice che non sembra dare molto credito alle parole dell’uomo. Alla base dello scetticismo della funzionaria, una conversazione telefonica effettuata dalla stessa due ore prima con i responsabili dell’albergo, in cui le era stato comunicato che la situazione non era preoccupante. Nonostante l’uomo insista, non è preso sul serio. Seguono altre telefonate ai vari numeri di emergenza: Marcella racconta di aver chiamato 118, 112, 113, 115, ma le risposte sono state sempre evasive; evidentemente tutti hanno pensato ad un falso allarme.

C’è stato chi gli ha suggerito di telefonare ancora alla Prefettura e chi ha assicurato che avrebbe controllato, ma senza nemmeno chiedere il numero di telefono di Parete.

L’accusa di ritardo nei soccorsi

Nel frattempo Marcella continua a ricevere i drammatici messaggi del sopravvissuto che ha ancora dentro l’albergo la moglie e i due figli di 6 e 8 anni: “Gli altri sono tutti morti”, “Ho perso tutto” e “Mi auguro che Gesù sia grande e li ritrovino vivi”.

Solo alle 20, dopo più di due ore, l’uomo viene creduto: a farlo è un volontario che più tardi in televisione dichiarerà di non avergli inizialmente dato ascolto, ma di aver avuto in seguito un ripensamento, tanto da decidere di far scattare l’allarme. Però dalla Prefettura smentiscono e assicurano di aver mandato subito una colonna mobile a verificare l’accaduto.

Forse non sapremo mai quanto tempo sia stato perso o se si sarebbe potuta salvare qualche altra vita in quel frangente; di certo non è stato facile per i soccorritori raggiungere il luogo del disastro, a causa delle avverse condizioni climatiche.

La strada interrotta

Questa tragedia è nata da una somma di fatalità: gli ospiti dell’albergo erano tutti pronti a lasciare la struttura già dalle 15, quando era atteso lo spazzaneve; ma lo sgombero non è mai potuto avvenire a causa dell’impossibilità per il mezzo di giungere fino al complesso, essendo la strada impraticabile per l’alta neve e i molti alberi caduti. I primi soccorsi sono arrivati alle 4:30 di notte e si sono trovati davanti uno spettacolo inquietante: alcune luci ancora accese e il locale caldaia funzionante, ma l’albergo spazzato via, tranne un’ala, spostata avanti di circa 10 metri e ruotata su se stessa. Uno scenario d’inferno, immerso in un silenzio irreale.