La frase che dà il titolo a questo articolo l’ha messa nero su bianco il giornalista Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano. Il modo in cui è stata affrontata l’emergenza Terremoto nel Centro Italia, a cui si è aggiunta la prevista nevicata da record, verrà ricordato, scrive Caporale, come “la più sgangherata, confusa e ritardataria azione di soccorso della storia, per il resto specchiata, della nostra protezione civile”. L’impreparazione dimostrata dopo la notizia dell’allerta meteo, la carenza di spazzaneve e mezzi adeguati, l’interruzione della fornitura di corrente elettrica a circa 500mila persone, la mancanza delle ‘casette’ promesse “entro Natale” da Matteo Renzi, la situazione di abbandono in cui sono stati lasciati gli allevatori e i loro animali.

Quelle che avete appena letto sono solo alcune delle falle emerse nella gestione delle cosiddette ‘emergenze’ di questi ultimi mesi in Italia.

Alle lamentazioni di Caporale (e non solo sue) si aggiunge l’iniziativa della deputata M5S Laura Castelli che, durante il question time alla Camera di mercoledì scorso, ha chiesto conto al ministro per i Rapporti con il parlamento, Anna Finocchiaro, del mancato utilizzo dei 28 milioni di euro raccolti dalla Protezione Civile (che in un comunicato spiega le sue ragioni e ne nega la presunta ‘sparizione’ ) attraverso le donazioni dei cittadini con un sms al numero 45500.

Dalla neve alle casette, tutte le falle del sistema di soccorso

L’allerta meteo per le zone del Centro Italia (Abruzzo, Lazio, Marche, ma anche Molise e Puglia) era scattata già dal 2 gennaio, quando erano state annunciate temperature siberiane e abbondanti precipitazioni nevose in arrivo, con tanto di stime aggiornate sui centimetri di coltre bianca.

Da quel giorno, però, è successo poco o nulla a livello organizzativo. Caporale se la prende con il Dicomac (la direzione del comando operativo della Protezione Civile di Rieti) che, sebbene informato dell’assenza di nevicate sull’arco alpino, non ha provveduto a spostare per tempo sull’Appennino centrale i necessari spazzaneve e turbine del soccorso alpino.

Solo due quelle presenti nella zona attive dall’11 gennaio.

Il secondo tilt organizzativo riguarda l’attivazione dei soccorsi avvenuta, secondo il giornalista, solo quando 500mila abruzzesi, su un totale di 1 milione e 260 mila abitanti, sono rimasti senza energia elettrica producendo una “vera e propria crisi umanitaria”. Il pensiero corre poi indietro fino all’agosto del 2016 quando, dopo il terremoto di Amatrice, l’allora premier Matteo Renzi aveva promesso la fornitura di casette monofamiliari entro dicembre.

Peccato che il terremoto di Norcia del successivo 30 ottobre abbia rovinato i piani renziani di “ricostruzione show”: troppi sfollati e costi divenuti troppo alti. L’ultimo appunto mosso da Caporale è il fatto di aver puntato a trasferire parte della popolazione terremotata sulla costa adriatica, trascurando così “l’economia trainante del territorio”, ovvero “l’allevamento di bestiame e la trasformazione alimentare”. Agli allevatori sarebbe stato negato persino il permesso di “costruire autonomamente ambienti provvisori di ricovero” per i loro animali.