Affermare che il Brasile sia preda di una guerra civile perpetua non ha nulla a che vedere con l'ironia o le iperboli sociali della satira in generale. E' un fatto che la nazione verde-oro presenti una elevata percentuale di criminalità che ne fa una delle venti nazioni con il più alto tasso di omicidi, che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ammonterebbe ad un numero pari a 30-35 omicidi per ogni 100.000 abitanti, lasciando scie di sangue e conti in sospeso tra gang rivali da saldare in tutto il territorio.

Tale considerazione è supportata anche dagli studi socio-scientifici condotti sul campo dall'università svedese di Uppsala nel suo Programma di Statistiche sui conflitti: i ricercatori affermano che la totalità delle vittime provocate da circa quarantasei guerre nel mondo ammonta a 21.259, la metà di quelle brasiliane (dati del 2013).

Agli omicidi bisogna poi aggiungere altri reati che vanno dal semplice furto d'auto all'import-export in massa di sostanze stupefacenti ed armi che stanno alla base dei massacri.

Quando lo sciopero uccide

Se a tutto questo si assomma anche uno sciopero totale delle forze armate di polizia a causa dei salari ridotti, allora quello che appare è uno scenario post-apocalittico, in cui il contagio criminoso non ha più ostacoli alla proliferazione della violenza. E' ciò che sta accadendo a Vitòria, capitale dello Stato brasiliano di Espirito Santo, situato nella parte sud-orientale del Paese e confinante con Rio de Janeiro. La città è deserta e in balia delle grandi e piccole gang che, svincolati dai formali obblighi civili, si danno battaglia e si contendono i quartieri della città assediando i cittadini che sono stati invitati dallo stesso governatore a restare barricati in casa; negozi e centri commerciali sono stati assaliti e depredati, sei autobus sequestrati e dati alle fiamme come in un rituale sciamanico; le scuole e gli uffici sono serrati ed inagibili; l'intero territorio è ostaggio della criminalità.

La recessione che da anni ormai conduce la depressione economica nel territorio non ha mancato di sortire i propri effetti anche sull'ordine pubblico, coinvolgendo gli apparati della sicurezza: tagli, dimezzamenti e licenziamenti sono confluiti tutti nelle proteste della polizia militare, responsabile dell'ordine pubblico, che ha deciso di rimandare le ronde e rinchiudersi in caserma, formalmente bloccata da familiari e parenti degli agenti stessi che ostacolano l'uscita del personale e dei veicoli, con la richiesta di un aumento del salario.Così l'obbligo d'intervento dei militari è stato sapientemente raggirato: dapprima attraverso la ''sindrome del disagio premestruale'' delle colleghe, poi con il supporto di mogli, sorelle e parenti riuniti sotto la stessa causa.

Così a poco più di una settimana dall'ammutinamento delle forze dell'ordine la città conta già oltre 100 morti, di cui la maggior parte giovani ragazzi uccisi a colpi di pistola; tra le vittime anche il presidente del sindacato dei conduttori di Guarapari, anche lui freddato con quattro colpi. L'intervento di oltre mille soldati inviati dal governo ancora non è stato in grado di ristabilire l'ordine e si teme che il contagio possa raggiungere le città a confine.