Un medico del Pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania, lo scorso 1 gennaio 2017, venne aggredito brutalmente perché si rifiutò di fornire il nome di una donna ricoverata. Questa era rimasta coinvolta in un incidente insieme alla moglie di uno degli autori del raid. Dopo quasi due mesi, si è arrivati una svolta. Il gip, su richiesta della Procura distrettuale di Catania, ha ordinato l'arresto di sette persone. Gli agenti hanno messo le manette, nelle ultime ore, a Salvatore Di Maggio, Angelo Vitale, Mauro Cappadonna, Federico Egitto, Luciano Tudisco, Santo Antonino Lorenzo Guzzardi e Giuseppe Tomaselli.

Mauro Cappadonna voleva il nome della donna ricoverata

Un medico del Vittorio Emanuele ha vissuto momenti di panico, lo scorso 1 gennaio 2017, in tarda serata. L'unica sua colpa è stata quella di essersi rifiutato di fornire le generalità di una paziente. L'atteggiamento del sanitario ha fatto indispettire un gruppo di uomini che, senza remore, ha iniziato a picchiare. Adesso i sette aggressori sono finiti in manette con l'accusa di violazione di domicilio, minacce a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e interruzione di pubblico servizio. Mauro Cappadonna, uomo con diversi precedenti penali, era stato arrestato subito dopo la spedizione punitiva; altre quattro persone, invece, vennero denunciate.

Gli agenti della Squadra mobile, in questi mesi, hanno visionato attentamente i video ripresi dalle telecamere di sorveglianza ed hanno sentito numerose persone che avevano assistito al pestaggio. Alla fine, è stato accertato che Cappadonna avrebbe voluto conoscere il nome della donna ricoverata.

Le guardie giurate non avrebbero sedato gli animi

Il diniego del medico alla richiesta fece irritare Cappadonna, arrivato in ospedale insieme ad altre persone, tutte col viso parzialmente coperto con scaldacollo, sciarpe e cappucci. Il sanitario venne preso a pugni e calci dalla combriccola, rimediando una lesione alla costola e un trauma cranico.

I giudici hanno affermato che la spedizione punitiva avrebbe anche causato l'interruzione del pubblico servizio, visto che il personale sanitario rimase scioccato e, quindi, impossibilitato a tornare al lavoro. Nell'ambito dell'operazione ribattezzata 'Emergency room' sono indagate anche due guardie giurate. Queste, secondo gli inquirenti, non avrebbero fatto nulla per placare il litigio e non avrebbero avvisato tempestivamente le forze dell'ordine.