Sono state rese note, qualche giorno fa, le motivazioni della condanna dell'appuntato dei carabinieri Mirco Basconi il quale, il primo febbraio del 2015, aveva ucciso un rapinatore durante un inseguimento.

L'episodio oggetto di inchiesta

In quell'occasione Basconi era di pattuglia con due colleghi, quando intercettarono e inseguirono un Suv rubato con a bordo tre malviventi, che avevano appena effettuato un furto in un appartamento; dopo avere perso di vista l'automezzo per qualche minuto i Carabinieri lo ritrovarono fermo e, credendo che fosse stato abbandonato, due di essi scesero dall'auto di pattuglia quando l'automezzo ripartì a scatto, rischiando di travolgerli; a questo punto il carabiniere rimasto a bordo, Mirco Basconi appunto, prese la pistola di ordinanza e esplose quattro colpi di pistola verso le gomme del veicolo; per una sfortunata casualità uno di essi rimbalzò sull'asfalto e perforò il lunotto colpendo a morte uno dei rapinatori, Korab Xheta di 24 anni.

La magistratura aprì un'inchiesta sull'accaduto alla quale è seguito un processo, al termine del quale l'appuntato dei carabinieri è stato condannato per omicidio colposo ad un anno di reclusione, pena sospesa, con il rischio di dover pagare un risarcimento milionario alla famiglia dell'ucciso. In questi giorni sono uscite le motivazioni della sentenza, leggendo le quali si conclude che il giudice ha sposato la tesi della cosiddetta “fuga passiva”; in altre parole, chi ha emesso la sentenza ha argomentato che nel caso specifico la fuga dei malviventi era solo un gesto di resistenza passiva messo in atto allo scopo di evitare l'arresto perché, a suo dire, non misero a repentaglio l'incolumità dei colleghi di Basconi, poiché non c'era nessun elemento oggettivo per stabilire che gli occupanti del Suv fossero armati.

Quindi per il Gup di Ancona, Francesca Zagoreo, Basconi avrebbe dovuto, al massimo, sparare in aria.

Le reazioni alla sentenza

Numerose le reazioni sdegnate, specie dei colleghi di Mirco Basconi; Franco Maccari, segretario del Coisp, ha affermato che esiste una distanza abissale tra chi passa le notti in mezzo alla strada e chi, invece, giudica gli eventi non allontanandosi mai dalla sua scrivania; e Lia Staropoli, presidente dell'Associazione “ConDivisa”, ha affermato che i giudici dovrebbero andare qualche volta con gli agenti di polizia e carabinieri in pattuglia per capire che durante un inseguimento i fatti sono molto più confusi e stressanti di come appaiano ricostruiti a tavolino.