A sei anni dal grave incidente alla centrale atomica di Fukushima, il governo nipponico si appresta a dare il via libera ai cittadini per rientrare nelle loro case della cittadina di Iitate, una vasta prefettura il cui territorio si estende 200 chilometri a nord ovest della centrale distrutta. Nonostante l'estensione nella zona vivevano solo circa 6mila persone, in quanto il 75% del territorio di quella prefettura è costituito da foreste montane. La zona in questione è considerata uno dei luoghi maggiormente esposti alla contaminazione, all'indomani del disastro del 2011, ma secondo il governo la situazione non sarebbe preoccupante, e presto - entro la fine di marzo - salvo ripensamenti sarà ritirato il provvedimento di evacuazione.

L'allarme di Greenpeace

La nota associazione ambientalista ha contestato duramente la decisione del governo giapponese, sostenendo che in quel territorio i livelli di radioattività sono ancora pericolosi. Secondo i rilevamenti di Greenpeace Giappone, ancora oggi nella zona di Iitate i livelli di radioattività presente nelle abitazioni e all'aperto sono paragonabili a quelli che una persona assorbirebbe sottoponendosi ad una radiografia del torace ogni sette giorni. Livelli tali da costituire, in caso di esposizione prolungata e continuata, un rischio per la salute superiore a quello fissato dalle normative.

Greenpeace sostiene che il governo avrebbe ammesso di non avere eseguito nessuna indagine per stabilire i livelli di esposizione a cui sarebbero sottoposti i cittadini di Iitate nel corso della vita, che secondo le indagini di Greenpeace sono preoccupanti.

Secondo i dati divulgati dall'associazione, l'esposizione alle radiazioni nell'arco di settanta anni a Iitate sarebbe compresa tra i 39 ed i 183 millisievert, di gran lunga superiore al livello massimo di 1 mSv stabilito dalla ICRP (International Commission on Radiological Protection).

L'appello al governo

Greenpeace teme che con l'eliminazione del provvedimento di evacuazione, gli ex residenti di Iitate possano tornare alle loro abitazioni per ragioni economiche, e chiede al governo un impegno economico a loro favore, in modo che quanti non vogliono tornare non siano costretti a farlo.