A un mese e mezzo dalla liberazione di Aleppo, uno dei fronti di guerra rimane il governatorato di cui la città è capitale. Il nuovo obiettivo della coalizione trasversale anti-Isis, è la cittadina di al-Bab, a 50 chilometri da Aleppo e a 30 dal confine turco. Durante i combattimenti, nella giornata del 9 febbraio, tre soldati turchi sono rimasti uccisi, ufficialmente per errore, dall’aviazione russa.

I buchi neri di una guerra per procura

Essendo quella siriana una guerra per procura, cioè dove paesi esterni guerreggiano per salvaguardare i propri interessi, i combattimenti sul nuovo fronte di guerra, nella città di al-Bab, all’interno del governatorato di Aleppo, fanno emergere dei buchi neri.

Da sud vi è stata l’impetuosa avanzata dell’esercito regolare di Bashar al-Assad, che controlla pezzi di collegamento stradale verso sud-est. A nord i jiadisti sono stati chiusi da una variegata costellazione capeggiata dalla Turchia che sta combattendo sia con truppe di terra che con l’aviazione. Poi ha in appoggio gruppi di miliziani che però avversano il regime di Bashar al-Assad. Nemici di Assad sono anche altri miliziani, quelli dell’Els, Esercito Libero Siriano, che stanno attaccando anche loro da nord. La Turchia che solo ai negoziati di Astana ha riconosciuto Assad come legittimo detentore del potere, non ispira tanta fiducia al dittatore siriano ed è forse per questo che i russi, nella parte sud di al-Bab, stanno cercando di evitare che siriani e turchi s’incontrino.

La guerra di Erdogan

I tre soldati uccisi dall’aviazione russa s’inquadrano in questo contesto strategico. Il Cremlino ha confermato che si è trattato di un errore, così i due presidenti Putin ed Erdogan hanno concordato sulla necessità di un migliore coordinamento delle forze in campo. Il tema è che comunque al-Bab è un punto strategico della Siria che fa gola alla Turchia, la quale sta conducendo la sua guerra personale contro il popolo kurdo del Rojava, che corrisponde al nord della Siria da est a ovest.

Uno degli intenti della strategia di Erdogan è proprio quella di creare una zona cuscinetto sotto l’egida della Turchia per impedire che l’esperienza del modello di democrazia autonoma dal basso del Rojava possa istituzionalizzarsi dopo il conflitto. Al tempo stesso Damasco vede l’intrusione turca come pericolosa anche perché i gruppi miliziani anti Isis che vogliono la testa di Assad, sono vicini a rompere la tregua siglata a fine dicembre e rinverdita ad Astana.

La vita che riprende

Nel frattempo, poco distante, ad Aleppo, lentamente si cerca di tornare a qualcosa che si avvicini alla normalità, dopo quasi sei anni di martirio, distruzione e morte. Il rumore delle bombe in città si sente ancora, dato che nel governatorato si continua a combattere, ma almeno sono solo rumori di sottofondo. Le immagini dei civili massacrati dalle bombe sono un ricordo. Le famiglie rimaste cercano di riattivare la vita in mezzo alla distruzione. Sono riaperte le prime botteghe di alimentari e panifici. Persino lo stadio di calcio ha ospitato una sorta di derby tra due squadre della città. Adesso tocca piano piano ricostruire le anime oltre che gli edifici...