Non si placcano le polemiche dopo la sentenza del Tribunale di Milano con la quale si stabiliva che la parola “clandestini” è discriminatoria, denigratoria e ostile. Il giudice della prima sezione civile non solo ha condannato la Lega Nord al pagamento di 10mila euro di risarcimento, ma ha anche aggiunto un nuovo termine “proibito” alla lunga lista in essere.

Il vocabolario italiano è molto vasto, e ricco. Tuttavia, la giurisprudenza “moderna”, mano a mano sta costringendo gli italiani a rivedere l'uso corrente di alcune espressioni. Ad esempio, nel febbraio 2015 l'autore di un testo di diritto penale si è visto ritirare dalla vendita il proprio libro in seguito ad una condanna per condotta discriminatoria.

Solo perché ha utilizzato la parola “zingaro” nel paragonare colui che vende oggetti di ignota provenienza rispetto a un venditore onesto.

Non è mai troppo

I termine accettati da qualunque vocabolario della lingua italiana, purtroppo non tutti lo sono per la magistratura. Così si è arrivati alla bellezza di oltre 1.200 parole che è meglio non pronunciare qualora si vogliano evitare brutte sorprese. Al riguardo, un avvocato cassazionista siciliano le ha raccolte e pubblicate in quello che ha intitolato “Il dizionario degli insulti”. Vediamo alcuni esempi; mai dare del “negro” a un collega di colore, diventerebbe un reato difficilissimo da giustificare. E non azzardarvi con africano, marocchino o extracomunitario.

Parole bandite dalla A alla Z

I termini frocio, finocchio, lesbica, ad esempio, diventerebbero ingiuriosi se rivolti ad una persona omosessuale. Non c'è nulla da ridere. In effetti, mentre il “vaffa” nazionale e rompipalle sono salvi, risulta più che oltraggioso dare a qualcuno del “rompic...”. Attenzione però, se il vaffa è accompagnato dal classico dito medio, allora le cose cambiano drasticamente.

E non parliamo dell'ambito lavorativo, dove solo la minimal “mezza calza” fa scattare la denuncia. E ancora; acida, assetato di potere, befana, calcolatore, gallina, mela marcia, mediocre, paraculo, sfacciato, zappatore, ecc. Certo, tutto sta nei toni, nei contesti, e soprattutto nella sensibilità del giudice di turno.