Il processo d'appello concluso oggi, 15 febbraio 2017, conferma per Michele Buoninconti la condanna, stabilita in primo grado, a 30 anni di reclusione per l'omicidio e l'occultamento del cadavere della moglie Elena Ceste. La donna era scomparsa dalla sua casa di Costigliole d'Asti la mattina del 24 gennaio 2014: "mia moglie è scomparsa da casa. Mi aveva chiesto di portare i figli a scuola perché non stava bene. E voleva mettere in ordine tutto quanto. Non l'ho più vista" ha sempre dichiarato il marito.

Una vicenda controversa e ricca di particolari piuttosto misteriosi.

Secondo quanto sostenuto da Buoninconti, Elena al momento della scomparsa sarebbe stata senza vestiti. Il 18 ottobre del 2014 si verificò il casuale ritrovamento del cadavere della vittima nel rio Mersa, a circa un chilometro dalla villetta. Pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo, Michele Buoninconti venne iscritto nel registro degli indagati dalla Procura d'Asti.

L'esito dell'esame autoptico sul corpo della Ceste, ad opera del dott. Francesco Romanazzi, venne depositato in Procura e il giorno successivo, 29 gennaio 2015, Buoninconti venne tratto in arresto. La battuta finale del processo di primo grado, nel novembre del 2015, aveva visto l'uomo condannato a 30 anni per omicidio ed occultamento di cadavere.

Oggi la Corte d'Assise d'Appello di Torino ha confermato la pena, aggiungendo il sequestro di conti correnti e di un terzo della casa coniugale: "Siamo soddisfatti. Questo garantisce un futuro ai figli" ha dichiarato l'avvocato di parte civile, Debora Abate Zaro.

In difesa di Buoninconti, l'avvocato Enrico Scolari ha annunciato la volontà di ricorrere in Cassazione e, tra le altre cose, la difesa si è riservata di esaminare le motivazioni della Corte d'Appello e, con ogni probabilità, impugnerà la sentenza.

L'ex vigile del fuoco di Costigliole d'Asti, tramite i legali si fa sapere "sereno e tranquillo" anche dopo questa sentenza. Un comportamento che, per l'ennesima volta, pone degli interrogativi sulla personalità dell'uomo. In questa drammatica vicenda non bisogna dimenticare che, oltre alla povera Elena, ci sono altre quattro vittime, ovvero i figli della coppia, ora affidati ai nonni materni.