Il ricorso della Casa Bianca è stato respinto. La Corte Federale d'Appello di San Francisco ha confermato la sospesione del bando anti-Islam ordinato da Donald Trump, dando ragione a quanto stabilito la scorsa settimana dal giudice di Seattle, James Robart. Pertanto, i visti per gli Stati Uniti dei cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza islamica quali Siria, Yemen, Sudan, Somalia, Libia, Iraq ed Iran, non saranno cancellati. Il populismo di Trump e di tutta la destra islamofoba, non solo statunitense, che da giorni si sforza di sostenere il presidente degli Stati Uniti, subisce un altro pugno allo stomaco.

Trump prosegue con il suo 'mantra'

La reazione di Donald Trump alla notizia è praticamente una replica di quanto già dichiarato la settimana scorsa dopo la sentenza di Seattle. Così come il giudice in questione avrebbe messo a repentaglio "la sicurezza del Paese", anche in questo caso i magistrati della Corte d'Appello metterebbero "in difficoltà la sicurezza degli Stati Uniti d'America". E chi, pochi giorni addietro, aveva previsto che la questione sarebbe finita davanti alla Corte Suprema, non avrebbe tutti i torti. A preannunciarlo, infatti, è lo stesso Trump. "Ci appelleremo alla Corte Suprema", scrive in un Tweet.: il mantra monocorde di chi non si vuole rassegnare ad una sconfitta. Per la cronaca, la Corte Federale di San Francisco ha motivato la sentenza alla luce di cifre e dati pratici.

"La Casa Bianca non fornisce prove certe circa il reale pericolo proveniente dai sette Paesi islamici". Ed in effetti, come già ribadito, nessun cittadino di questi Stati si è mai reso protagonista nell'ultimo ventennio di un attentato terroristico in territorio statunitense. Al contrario, i protagonisti degli attacchi erano tutti cittadini americani o residenti di vecchia data e di certo il "rischio terrorismo" non è assolutamente connesso all'ospitalità dei rifugiati provenienti da Paesi in guerra.

La 'stoccata' di Gorsuch

Qualche ora prima della sentenza di San Francisco, l'ottimismo di Donald Trump aveva subito un'altra 'stoccata'. Ma la critica non arriva, in questo caso, da un oppositore politico bensì da uno degli uomini del presidente. Neil Gorsuch, il giudice superconservatore scelto dal magnate newyorkese come nuovo esponente della Corte Superma in sostituzione del defunto Antonin Scalia, ha aspramente contestato le dichiarazioni di Trump sulla magistratura, definita "politicizzata" in una sorta di attacco di berlusconiana memoria.

Per Gorsuch, le parole di Trump sono "avvilenti e demoralizzanti". Oltretutto, gli effetti del decreto presidenziale ora sospeso con ben due sentenze, sono avvertiti anche a livello internazionale. A parte l'Iran, che ha già annunciato che non saranno concessi nuovi visti per i cittadini statunitensi, si è aggiunto anche lo Yemen il cui governo ha revocato al comando militare americano il permesso di effettuare nuovi raid su obiettivi terroristici presenti entro i propri confini. Proprio in Yemen, pochi giorni fa, c'era stata la prima azione antiterrorismo ordinata dall'amministrazione Trump contro una base di Al Qaeda, attacco nel corso del quale sarebbero rimasti uccisi parecchi civili oltre ad un militare americano.