Prima un brontolio, poi una parolaccia e, infine, la bestemmia. Il sindaco leghista di Novara, Alessandro Canelli, stavolta ha esagerato. E' successo lo scorso 23 marzo durante una seduta nel Consiglio comunale. A un certo punto, il primo cittadino, irritato, ha imprecato contro il Padreterno, lasciando di stucco i presenti. Il microfono era acceso, quindi tutti hanno udito la bestemmia di colui che deve rappresentare la collettività. Canelli si sarebbe adirato per via di alcune divergenze all'interno della maggioranza.

Parole che non rispecchiano i suoi principi

Alessandro Canelli, sindaco di Novara, è stato protagonista di un episodio che certamente non fa bene alla sua reputazione. Il primo cittadino ha bestemmiato in Aula, davanti ai suoi colleghi, dando prova di non sapersi contenere. La notizia è rimbalzata subito su vari siti e testate locali, che hanno criticato duramente Canelli. Le scuse di quest'ultimo, comunque, non sono tardate ad arrivare: 'Vi assicuro che un simile episodio non si ripeterà'. Il primo cittadino della Lega Nord ha spiegato che quelle parole non si riconducono assolutamente ai suoi valori. Quella frase, insomma, lui non l'avrebbe mai voluta proferire. Sarà, ma i colleghi del sindaco di Novara, specialmente quelli del Pd hanno manifestato grande indignazione.

Un comunicato del Pd evidenzia che Canelli 'ha superato il limite'.

La bestemmia è ragione di espulsione

I consiglieri comunali dem hanno ricordato che anche nel Consiglio comunale, come in un campo di calcio, la bestemmia è ragione di espulsione. Nel comunicato del Pd diffuso recentemente si sottolinea che l'attuale sindaco di Novara si era presentato ai cittadini come un 'bravo ragazzo', invece frasi come quelle proferite recentemente testimoniano il contrario.

Canelli, secondo i consiglieri dem novaresi, è come il leader leghista Salvini, ovvero una persona che offende senza scrupoli e usa un 'linguaggio al limite della violenza'. Canelli ha chiesto scusa ma ha fatto notare come le sue sconce parole siano state sfruttate per demonizzare il suo operato e quello della Giunta.