Per il delitto del piccolo Loris si apre la fase del processo d'appello contro la condanna a Veronica Panarello. La madre condannata a 30 anni in primo grado per aver ucciso il piccolo, si trova in carcere dopo la tragica morte del bambino, avvenuta il 29 novembre 2014. Contro la condanna a 30 anni inflitta in primo grado con sentenza del 17 ottobre 2016 era stato presentato ricorso lo scorso marzo.

A processo d'appello il 6 luglio

L'avvocato di Veronica Panarello, Francesco Villardita, lo scorso 28 marzo ha presentato ricorso contro la sentenza di condanna a 30 anni per la sua assistita.

La pesante accusa che grava sulla donna è quella di omicidio e occultamento di cadavere, a cui peraltro non è stato ancora attribuito un chiaro movente. Dopo la chiamata in correità del suocero, Andrea Stival, con cui la Panarello sostiene di aver avuto una relazione extraconiugale, si apre ora il secondo grado di una vicenda processuale controversa e spinosa. Il ricorso è stato presentato al Tribunale di Caltagirone, con un atto in cui sono stati elencati i motivi d'appello in 66 pagine. Tra le tante contestazioni, i rilievi tecnici e la perizia psichiatrica. Il processo si aprirà il 6 luglio prossimo in Corte d'assise d'appello a Catania.

Le motivazioni del ricorso in appello

Nella nebulosa dinamica dell'omicidio di Loris Stival, morto a soli 8 anni a Santa Croce Camerina, nel Ragusano, la condanna a 30 anni per la madre Venorica Panarello è la pietra miliare intorno a cui si è mosso il lavoro della difesa.

Nel ricorso in appello si chiede una "nuova perizia psichiatrica" e la "riapertura dell'istruttoria dibattimentale" che permetterebbe il confronto tra Veronica Panarello e il suocero Andrea Stival. Quest'ultimo punto è uno dei cardini su cui la difesa si è sempre battuta dopo la chiamata in correità dell'uomo da parte della nuora.

L'avvocato Villardita, "nel merito" chiede l'assoluzione della donna "per non aver commesso il fatto". Nel ricorso si chiede anche il riconoscimento del "vizio parziale di mente" e una rideterminazione della pena che tenga conto delle attenuanti generiche, escluse dal gup di Ragusa che ha emesso la prima sentenza di condanna per la donna.

Nelle motivazioni della condanna il gup Andrea Reale definisce la condotta processuale della donna "deplorevole, reiteratamente menzognera, calunniosa e manipolatrice". Una "lucidissima assassina" che avrebbe agito da sola (il gup ha escluso categoricamente un coinvolgimento del suocero) secondo la classica tipologia di chi è affetto dalla Sindrome di Medea. La stessa chiamata in correità di Andrea Stival dimostrerebbe, secondo la sentenza di condanna, che Veronica Panarello ha ucciso il figlio per vendetta, cercando di distruggere l'intera famiglia dentro il vortice della sua rabbia.