In Italia il mestiere di giornalista è sempre più difficile e complicato, ormai è risaputo. In alcuni paesi del mondo è una professione che in molti casi può risultare letale. Reporters sans Frontieres è l'organizzazione, con sede in Francia, che si è assunta il compito di monitorare lo stato dell’informazione nel mondo, redigendo una classifica finale annuale. RsF non entra in merito alla qualità delle notizie, ma stila la sua graduatoria in base ad alcuni parametri, tra cui il più importante è la libertà riconosciuta ai giornalisti di poter svolgere in sicurezza il proprio mestiere.

Sei giornalisti italiani ancora sotto scorta

Buone notizie quest’anno per il nostro paese, che balza dal 77esimo al 52esimo posto, guadagnando in un solo anno 25 posizioni nella classifica mondiale. Sebbene questo clamoroso balzo dell’Italia faccia pensare che la situazione nel nostro paese sia migliorata, l’RsF afferma che il salto in avanti dell’Italia è probabilmente ingannevole “in quanto potrebbe essere dovuto all’assoluzione di molti giornalisti - dai reati a loro contestati - compresi i due giornalisti che sono stati coinvolti nel caso VatiLeaks lo scorso anno.” “L’Italia continua ad essere uno dei paesi europei – si legge nel report di RsF - dove la maggior parte dei giornalisti sono minacciati dal crimine organizzato.” Sono sei, infatti, i giornalisti italiani che si devono ancora avvalere della scorta della polizia perché minacciati di morte, soprattutto dalla mafia o dai gruppi fondamentalisti.

Il livello di violenza contro i reporter (incluse le intimidazioni verbali e fisiche e le minacce) è allarmante, specialmente se partono da politici come Beppe Grillo, il quale si mette pochi scrupoli a svelare pubblicamente i nomi dei giornalisti che ritiene fastidiosi per sé e per il suo movimento. La paura delle pressioni politiche spinge inoltre molti giornalisti italiani a optare per l’auto-censura; a causa soprattutto della nuova legge, che prevede la condanna da sei a nove anni di prigione per il reato di diffamazione di politici, giudici o dipendenti pubblici.

Molti giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del paese, affermano di essere ancora soggetti alle pressioni dei gruppi mafiosi e dei gruppi criminali locali.

La libertà di stampa nel mondo

Reporters sans Frontieres lancia l’allarme: dal rapporto del 2017 emerge che mai la libertà di stampa nel mondo "è stata così minacciata".

Sono, infatti, 72 i paesi in cui la situazione viene definita difficile o molto grave, tra i quali risultano oltre i due terzi dei paesi africani, tutto il Medio Oriente, l’Asia Centrale e l’America Centrale, ma anche la Cina, la Russia di Putin e l’India. Sono 21 i paesi “neri”, dove la condizione dei giornalisti può essere considerata quasi un’opera suicida e la situazione della libertà di stampa è “molto grave”: il Burundi si piazza al 160esimo posto su 180, l’Egitto al 161esimo e il Bahrein al 164esimo. Ottiene la medaglia nera, ultima in assoluto, l’ermetica Corea del Nord, preceduta da Turkmenistan ed Eritrea. La Turchia si attesta al 155esimo posto e il Messico al 147esimo. I primi posti della classifica sono detenuti, come sempre, dai paesi del Nord Europa, vedendo come prima assoluta la Norvegia che scalza dopo 6 anni la Finlandia, dove si è registrato nell’ultimo anno un incremento delle pressioni politiche e dei conflitti d’interesse.

Anche gli Stati Uniti e il Regno Unito scendono nella classifica di RsF, perdendo entrambi due posizioni, e piazzandosi rispettivamente al 43esimo e al 40esimo posto. Il declino dei due paesi nella classifica è dovuto all'aumento dei "colpi violenti" e dei "discorsi tossici" contro i media, e vista la loro importanza "stanno conducendo il mondo verso una nuova era di post-verità, disinformazione e false notizie".