Continua la campagna di arresti, con conseguente deportazione, ai danni dei cittadini #gay della #Cecenia. Questi infatti vengono arrestati e trasportati in alcuni campi di lavoro o lager, alcuni dei quali disterebbero pochissimo dalla capitale Grozny.

L’inchiesta della giornalista Elena Milashina

Secondo la giornalista russa, intervistata qualche giorno fa da “Huffington Post”, lei ed altri colleghi che conducono inchieste sull’argomento sono entrati in possesso di queste informazioni da circa una ventina di giorni, quando sono state avviate campagne contro gli LGBT.

Elena Milashina racconta dunque la sua storia ed il suo impegno, condotto insieme ad attivisti del network LGBT russo, che ha permesso di aprire una linea di emergenza alla quale possono rivolgersi tutti i residenti del Caucaso e non solo, riuscite a scappare ed ora bisognose di un aiuto.

La linea è stata promossa prima attraverso i social e poi attraverso campagne di pubblicizzazione che hanno coinvolto anche la rivista indipendente “Novaya Gazeta”. Dopo la pubblicazione del primo articolo che riportava la testimonianza di una persona sfuggita alle Torture, molti altri hanno preso coraggio e si sono messi in contatto con l’associazione per chiedere aiuto. Molte di esse sono di cittadinanza russa ed effettuano richiesta per rifugiarsi in Europa.

L’inizio dell’incubo

La vicenda si sarebbe scatenata in seguito alla richiesta di un attivista per i diritti LGBT dell’autorizzazione a poter allestire una manifestazione a favore dei diritti degli omosessuali. La richiesta è stata ovviamente respinta e, mentre l’uomo continuava con la sua campagna, è stato arrestato insieme ad altri manifestanti.

Secondo il racconto della giornalista russa, molte persone sono state rilasciate su cauzione, ma sono stati arrestati una seconda volta, con diverse motivazioni, e trasportate nel carcere di Argun.

Le torture

Alcuni detenuti raccontano di aver subito torture attraverso cavi di corrente elettrica che emanavano scosse, altri raccontano di aver subito violenti pestaggi, ricevendo colpi sotto la vita, sui genitali o sulle natiche, mentre gli venivano rivolti umilianti insulti o gli veniva detto che non avevano più diritti.

In effetti, essere gay non è facile in un Paese come la Cecenia. Avere un parente appartenente alla ‘categoria’ LGBT equivale ad essere tacciati a vita come corrotti, e quindi essere evitati per sempre. I fratelli o le sorelle di un soggetto dichiaratamente gay, correrebbero il rischio di non riuscire a sposarsi, a causa del disonore in cui versa la famiglia. Tutto ciò accade perché la Cecenia è un Paese molto tradizionalista, basato su codici ben precisi, che sono dettati molto spesso dal contesto sociale e quasi sempre da quello religioso.