Qualunque sia la strategia politica di Kim Jong-un, la linea rossa potrebbe essere stata oltrepassata. Incredibile, perché la nuova provocazione del regime nordcoreano arriva a meno di 24 ore dalla possibile apertura espressa a parole dalla rappresentante diplomatica di Pyongyang, Choe Son-hui, che aveva ventilato la disponibilità del suo leader di "trattare con gli Stati Uniti, ma a certe condizioni". Una dichiarazione simile a quella di qualche giorno addietro del presidente americano Donald Trump. Alla vigilia del meeting di Pechino sulla Via della Seta, al quale era prevista anche la partecipazione dei rapresentanti della Corea del Nord, il regime ha effettuato un nuovo lancio missilistico.

Il missile balistico non è stato identificato, l'operazione militare avrebbe preso il via intorno alle 6.30, ora di Seoul (in Italia erano le 23.30), ad il vettore avrebbe percorso circa 700 km prima di inabissarsi nelle acque del Mare del Giappone.

Il parere del Pentagono

La notizia, diffusa inizialmente da fonti di stampa sudcoreane, è stata confermata dal Pentagono. I vertici militari di Washington e Seoul stanno cercando di ricostruire i dettagli di quanto accaduto. Non ci sono certezze circa la natura del vettore, secondo indiscrezioni potrebbe trattarsi di un missile a raggio intermedio (IRBM) tra quelli attribuiti in dotazione alle forze armate nordcoreane. Come noto, ci sono poche certezze circa l'effettiva consistenza dell'arsenale di Pyongyang ed il missili IRBM a disposizione (secondo fonti militari ancora in fase di sviluppo, ndr) sarebbero i BM25 Musudan.

L'arma non era mai mai stata testata prima dello scorso 15 aprile: secondo fonti sudcoreane, infatti, sarebbe stato questo il modello utilizzato negli ultimi, falliti tentativi di lancio. Il Musudan sarebbe in grado di colpire un obiettivo fino ad una distanza compresa tra i 2.500 ed i 4.000 km dal punto di partenza. Se il vettore ha raggiunto il Mare del Giappone, stavolta non si può parlare di test fallito.

Al contrario, il missile sarebbe stato in volo per una trentina di minuti e dimostrerebbe gli effettivi progressi della Corea del Nord nella costruzione di missili di media e lunga gittata, in grado oltretutto di trasportare cariche nucleari più o meno grandi nelle proprie testate.

L'ennesimo 'sgarbo' alla Cina

Naturalmente l'azione decisa da Kim Jong-un non ha alcun valore militare, nessuno dei sette lanci effettuati dall'inizio dell'anno aveva obiettivi precisi, se non quello di un messaggio politico forte e chiaro.

Se diretto agli Stati Uniti, questo messaggio è quello di una trattativa che, da parte della Corea del Nord, è esclusivamente unilaterale. Le parole promettenti della rappresentante diplomatica di Pyongyang avevano certamente alimentato le speranze di una distensione, ma parlare di premesse per un incontro tra i leader dei due Paesi era chiaramente 'fantapolitica'. Così come va archiviata alla voce 'fantadiplomazia' la premessa di un nuovo dialogo tra le due Coree, sottolineata dal nuovo presidente sudcoreano Mon Jae-in: anche in questo caso le condizioni di un poco probabile dialogo sono quelle scandite dal regime. Il gesto però assume una gravità estrema nei confronti dello storico alleato cinese.

Effettuare un minaccioso test missilistico a poche ore dall'apertura del supermeeting al quale partecipano un centinaio di nazioni, che celebra prima di ogni cosa l'apertura al mondo di Pechino ed il trionfo dell'abilità diplomatica di Xi Jinping, è un segnale fortissimo da parte di un Paese che chiude definitivamente la porta (in realtà non l'ha mai aperta) a qualunque mediazione della Cina. Con il rischio di chiudere anche a qualsiasi tipo di soluzione pacifica dell'attuale crisi. Nei giorni scorsi, Donald Trump non aveva escluso la possibilità di "un grande conflitto contro la Corea del Nord", pur esprimendo la sua preferenza per una soluzione diplomatica. Quanto accaduto fa salire nuovamente la tensione ai massimi livelli. Le conseguenze, a questo punto, sono difficilmente immaginabili e la corda tesa da Kim Jong-un potrebbe essersi spezzata.