L'attenzione dei media è puntata nuovamente sulla Siria. Tutto tace in Corea del Nord, dove le recenti proposte 'olimpiche' del presidente sudcoreano Moon Jae-in sembrano in qualche modo stemperare le croniche tensioni della penisola. Il nuovo leader del governo dei Seoul, del resto, lo ha dichiarato fin dal suo insediamento che uno dei suoi obiettivi è quello di normalizzare i rapporti con i 'cugini' del nord. Tuttavia i rapporti di Pyongyang con gli Stati Uniti restano all'insegna del 'non rapporto' e, pertanto, il regime non intende cedere di un millimetro dal proprio programma di sviluppo delle armi nucleari.

La conferma arriva dalla sede più autorevole possibile, quella delle Nazioni Unite. L'intervento del vice-rappresentante permanente nordcoreano presso il Palazzo di Vetro è un autentico 'schiaffo' nei confronti di Washington e del presidente Donald Trump.

'Gli USA hanno sempre cercato di distruggerci'

La circostanza in cui l'ambasciatore Kim In-ryong ha reso note le ferme intenzioni del suo leader, Kim Jong-un, ad onor del vero è la meno adeguata. All'ONU, infatti, era in atto un incontro sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa e l'intervento del rappresentante nordcoreano era tra i più attesi, considerate le recenti tensioni nel Mare del Giappone. "Gli Stati Uniti hanno sempre cercato di distruggerci - ha detto il rappresentante diplomatico di Pyongyang - da Truman a Trump la loro politica riguardo un attacco nucleare preventivo sul nostro Paese non è mai cambiata.

L'unico modo che abbiamo per difendere i nostri diritti vitali e la sovranità del nostro Paese è quello di rispondere ad un attacco nucleare nella stessa maniera". Kim In-ryong ha inoltre aggiunto che "nessuna sanzione o azione intimidatoria potrà dissuaderci dallo sviluppo delle armi atomiche. Gli appelli al dialogo sul disarmo nucleare da parte di Washington sono la prova che gli Stati Uniti intendono destabilizzare la Corea del Nord".

USA, nuove tensioni con la Cina

Nel contempo, c'è da registrare una frizione nei rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina. Donald Trump ha sempre dichiarato di contare sull'appoggio di Pechino nella crisi coreana, di fatto le ultime dichiarazioni del segretario di Stato, Rex Tillerson, non sono un felice viatico nei rapporti tra le maggiori potenze economiche del pianeta.

Anche in questo caso c'è di mezzo la Corea del Nord, alleato militare storico dei cinesi i cui rapporti, però, da quando sono sulla scena politica internazionale tanto Kim Jong-un quanto il leader cinese Xi Jinping, sono tutt'altro che idilliaci. In un recente rapporto del dipartimento di Stato americano, la Cina è stata definita "uno dei Paesi meno impegnati nella lotta al traffico di esseri umani". Secondo l'analisi di Washington, proprio l'area di confine con la Corea del Nord è oggetto di traffici illegali e contrabbando. "I cinesi non hanno preso provvedimenti seri per porre fine alla loro complicità nei traffici - ha detto Tillerson - a partire dai 'lavoratori forzati' della Corea del Nord che si trovano in Cina".

La posizione 'scomoda' di Pechino

Al di là di questo rapporto che, obiettivamente, mette in luce un problema esistente, da parte di Washington c'è probabilmente l'intenzione di 'forzare la mano' con la Cina, affinché Pechino inasprisca le sue attuali pressioni economiche sulla Corea del Nord. Nei mesi passati, il governo cinese aveva sospeso le importazioni di carbone da Pyongyang, ma allo stato attuale la Corea del Nord continua a ricevere mezzo milione di tonnellate di petrolio annue da Pechino. La posizione della Cina su tutta la questione è sempre stata scomoda, se è vero che Pechino non vede di buon occhio la politica aggressiva del giovane dittatore nordcoreano, è altrettanto vero che si fida poco degli Stati Uniti e la presenza del regime di Pyongyang è utile, perchè di fatto frena l'influenza statunitense nell'area, dove Washington può già contare su fedeli alleati come Corea del Sud e Giappone.

Alcuni media americani hanno poi ventilato l'ipotesi che l'amministrazione Trump abbia in progetto un ulteriore 'sgarbo' nei confronti della Cina, tradotto nell'inasprimento dei dazi su prodotti come l'acciao che vengono importati da Pechino. L'indiscrezione non è campata in aria, farebbe parte del progetto complessivo 'America First'. Ma è una politica fine a sé stessa: a tutti gli effetti, non risolve il problema coreano e rischia di rompere una collaborazione commerciale con la potente economica cinese che sembrava avviata dopo l'incontro tra Xi Jinping e Donald Trump.