Boss cinquantaseienne tratto in arresto dai Carabinieri. Nascosto in un bunker a muro. Conosciuto agli inquirenti per traffico internazionale di stupefacenti e organizzatore dell’affondamento delle “navi veleno”.

Il Blitz del nucleo operativo dei Carabinieri

Giuseppe Giorgi, chiamato “U capra” affermato esponente della famiglia “Staccu” è stato tratto in arresto, dopo 23 anni di latitanza, nella sua abitazione a San Luca. Il Blitz del reparto operativo dei carabinieri di Reggio Calabria, con l'ausilio dello Squadrone dei cacciatori, è scattato durante la notte.

Centinaia i carabinieri impiegati nell'operazione. Dopo avere accerchiato la dimora, senza dare possibilità di fuga al ricercato, sono entrati in casa, verso le 3 del mattino. La perquisizione effettuata nel palazzotto a più piani, suddiviso in appartamenti dove abita la famiglia Giorgi e continuata nonostante le molteplici rimostranze. Perlustrate tutte le stanze, cantine e soffitte, non sono riusciti a scovare il pregiudicato, ma le ricerche sono continuate in seguito al ritrovamento di un lettino disfatto ancora caldo.

I carabinieri, con planimetrie alla mano, si sono resi conto dell’esistenza di ambienti celati così hanno iniziato a controllare anche i muri. In una nicchia nascosta sono saltati fuori 157.000 mila euro in banconote di grosso taglio.

Continuando l’estenuante ricerca è stato individuato un bunker ricavato dietro il camino nell'appartamento della figlia. Il rifugio, grande come un loculo in cui lo stesso Giorgi riusciva a stento a stare in piedi, era progettato per brevi permanenze. Si accedeva da una botola nascosta da un masso che immetteva in uno stretto tunnel per giungere nel minuscolo vano.

Una volta che i carabinieri sono riusciti a sbloccare il meccanismo, il Giorgi è uscito senza opporre resistenza.

Scortato dalle forze dell’ordine, il boss è stato accolto dalla folla in silenzio, ma in molti sono riusciti ad avvicinarsi per salutarlo e baciargli mano. Omaggi riservati solo ai boss di rango.

“U capra” era il cassiere della cosca di San Luca

Latitante dal 1994 dopo una condanna a 28 anni, Giuseppe Giorgi era finito nella lista dei cinque latitanti più pericolosi d’Italia.

Le sue molteplici attività criminali comprendevano non solo il traffico internazionale di sostanze stupefacenti, ma anche il riciclaggio di denaro e lo smaltimento illegale di rifiuti tossici.

Secondo il pentito Francesco Fonti, uno dei suoi collaboratori, Giorgi era coinvolto nel traffico di niobio, sostanza utilizzata per costruire reattori nucleari, trasportato dal boss in persona da Budapest alla Sierra Leone. Qualche anno dopo “U capra” si sarebbe occupato dello smaltimento illegale di rifiuti tossici e fu lui ad organizzare l’affondamento delle tre “navi veleno” al largo delle coste calabresi.

All’apice della sua carriera delinquenziale era in grado di procurarsi ingenti somme di denaro quantificate in milioni e milioni di marchi tedeschi, utilizzati per alimentare il potere della famiglia mafiosa di San Luca.

I 157.000 mila euro ritrovati nella sua abitazione sono soldi di sicura provenienza illecita. Non è escluso che Giorgi abbia continuato nei suoi affari con il traffico di droga, fiancheggiato da numerosi collaboratori che sono riusciti ad assicurare gli spostamenti del latitante anche all'estero.

Le indagini sono iniziate dalla famiglia

L’inchiesta terminata con l’arresto di Giorgi, è cominciata grazie a intercettazioni ambientali. Un’indagine tecnica, lenta e constante con osservazione dei familiari.

Un risultato notevole raggiunto grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine. Ora che Giorgi è stato allontanato dalla sua zona di protezione, continueranno le ricerche da parte della Direzione distrettuale antimafia che cercherà di ricostruite la rete di protezione del boss.