Ester Pasqualoni aveva paura di essere aggredita dall'uomo che la perseguitava da 10 anni, ma non voleva far preoccupare nessuno, a cominciare dai suoi due figli, Nausicaa e Alessio di 14 e 16 anni. Era fatta così la dottoressa responsabile del day hospital oncologico dell'ospedale Sant'Omero di Val Vibrata, in provincia di Teramo, barbaramente uccisa ieri pomeriggio nel parcheggio del nosocomio con 4 colpi di roncola, due alla gola e due alla testa.

Viveva al servizio degli altri, degli ammalati di cancro, con abnegazione e devozione. Non voleva far pesare i suoi tormenti su nessuno, e quasi si vergognava della vicenda di molestie infinite che era costretta a subire senza un perché.

In ospedale aveva allertato solo i colleghi con cui aveva più confidenza. Si sfogava con l'amica avvocato e consulente, Caterina Longo che ieri, alla trasmissione "Chi l'ha visto?", ha raccontato quanto accaduto.

Forse conosceva il suo assassino

Finito il turno di lavoro, l'oncologa ultimamente si faceva spesso accompagnare al parcheggio (dove poi è stata uccisa) dai colleghi, perché aveva paura. Il suo assassino potrebbe essere l'uomo che la perseguitava da molti anni, che la seguiva, la pedinava, la spiava, ed era ossessionato da lei. Si tratta di un 65enne di Martinsicuro, ex investigatore privato, che aveva conosciuto perché aveva avuto in cura il padre. L'uomo è fortemente indiziato perché l'auto dell'assassino, una Peugeot 206 bianca che alcuni testimoni hanno visto allontanarsi dal parcheggio dell'ospedale dopo l'omicidio, è stata ritrovata dagli inquirenti con tracce di sangue proprio nel parcheggio condominiale dove abita lo stalker.

Il racconto dell'amica avvocato

C'era un provvedimento del questore di Teramo di "non avvicinamento" alla donna, ma è rimasto lettera morta, così come sono cadute nel vuoto le due denunce che Ester aveva presentato per stalking. Caterina Longo, amica prima che legale della vittima, è intervenuta al programma "Chi l'ha visto?".

L'avvocato ha riferito che la Pasqualoni, anche se viveva nella morte e nel dolore quotidianamente, amava la vita: di quanto ha dovuto sopportare negli ultimi anni non ne aveva parlato con nessuno, se non con il compagno morto due anni fa d'infarto.

"Non volevo farlo sapere a nessuno perché non vi volevo far preoccupare. Ci tenevo alla tranquillità dei miei ragazzi, del mio compagno e del mio ex marito", le aveva raccontato.

Inoltre la legale ha spiegato che: "Aveva denunciato di essere perseguitata da quest'uomo che continuamente passava davanti casa, davanti al suo posto di lavoro, alla scuola dei figli anche facendo riprese".

Aveva sporto denuncia ad Atri perché a Roseto, dove abitava, la conoscevano e non voleva destare allarme. Ma le sue denunce sono state archiviate per vizio di forma e anche perché, nelle perquisizioni fatte a casa dello stalker, tra le riprese trovate non c'erano immagini della dottoressa. Per questi motivi, il pm aveva deciso di archiviare il caso. La dottoressa, da parte sua, sperava che quell'uomo prima o poi si stancasse e la smettesse di tormentarla.

Morta tra le braccia di un collega: era talmente sfigurata che non l'aveva riconosciuta

Ha tenuto tra le braccia l'oncologa negli ultimi istanti di vita. Il dottor Piergiorgio Casaccia, medico di pronto soccorso che si occupa proprio del "codice rosa", ovvero delle violenze sulle donne e sui minori, era al lavoro quando qualcuno è arrivato chiedendo aiuto, perché c'era una persona a terra nel parcheggio dell'ospedale, in un bagno di sangue. "Le ho sentito il polso che non c'era. Ha fatto gli ultimi respiri tra le mie braccia. Le ho coperto il corpo con un lenzuolo", ha raccontato il medico a "Chi l'ha visto?". La povera dottoressa è stata talmente sfigurata dall'assassino, che il collega in un primo momento non l'aveva riconosciuta. Solo quando un carabiniere gli ha fatto vedere il tesserino, ha capito: "Non era riconoscibile tanta la barbarie con cui era stata assassinata. Era stata colpita proprio con l'intento di ucciderla".